Due settimane fa mi dicevo: macheczz... dicono 'sti sedicenti esperti? Ragionamenti del tipo "McCain sceglierà Mitt Romney per attirare la base elettorale cristiano religiosa conservatrice", ignorando che Romney è mormone. Non che non lo sapessero, solo trascuravano per crassa ignoranza la diffidenza, ricambiata, che le altre confessioni cristiane nutrono nei confronti di questi ultimi: come dire che i baciapile son tutti uguali, sottintendendo che l'unico indiano buono è quello morto.
Mitt Romney è, detto alla prodiana, nu' bellu guaglione, ma anche e soprattutto un bravo Governatore in un contesto politicamente ostile - immaginate un Formigoni che riesce a farsi eleggere in Toscana. E' stato l'ultimo resistente all'inopinata conquista della nomination da parte di John McCain, ma le primarie gli hanno anche appiccicato addosso l'etichetta di prediletto dal Partito più che per "torti" suoi, per l'eccentricità degli altri candidati repubblicani - Giuliani, Huckabee, McCain stesso.
Sta di fatto che se McCain avesse scelto il Mitt del Massachussets alla vicepresidenza, oltre che tamponare le sue lacune in economia e bilanciare il ticket con un aspetto più giovanile del suo, avrebbe lanciato non certo un segnale alla base religiosa quanto all'apparato (e ai soldi) del Partito Repubblicano.
Ma è questo che serve per vincere le elezioni 2008? Non mi pare. Credo sia piuttosto la prima che ho detto: è necessario (ma non è detto sia sufficiente) un sano mix tra un maverick diverso dai politici usuali per quel Paese (e McCain è meglio di John Wayne al proposito, anche se personalmente preferivo Rudy Giuliani, ma tant'è), purchè dotato di un limpido link alla autentica "pancia" elettorale conservatrice.
Sulla base di queste considerazioni leggevo con crescente scetticismo i report dei sedicenti esperti che davano per cosa fatta, sorta di segreto di Pulcinella in attesa di scontata conferma, il ticket con Romney. Lo stesso per altre candidature di volta in volta evidenziate in subordine, altrettanto poco convincenti (Lieberman o lo stesso Giuliani: quasi doppioni di McCain; oppure Pawlenty, Powell, o "bruciare" l'Obama del futuro Jindal): come Romney, ognuna di esse creava più problemi nel presente e/o nel futuro di quanti ne risolvesse.
Se fossi nelle scarpe di McCain, giuro mi sono detto un paio di settimane fa, tanto per cominciare il primo errore che eviterei, assieme all'abbraccio del Partito o alla scelta del mio doppione, è l'effetto follower: un vice appartenente a qualche minoranza razziale.
Quanto al secondo, più potente driver, l'indicazione arrivava diretta senza scalo dal campo dell'avversario.
Obama non ha voluto far prigionieri: spaventato dal carisma di Bill più che dagli ingombri di Hillary, ha infatti abilmente snidato i due "per fame", assediandoli tra il 51% di delegati, l'apparato di Partito (scelta di Joe Biden alla vicepresidenza) e gli imperativi morali all'Unione delle forze, senza concederle loro nulla di nulla.
Una netta prova di forza, ma stravincere invece che vincere è sintomo di inesperienza: la "fusione fredda" che ne deriva tra le due anime dems. non è priva di conseguenze, se ne sono resi conto tutti quelli che hanno occhi per vedere e orecchie per sentire (non ovviamente i corrispondenti rai, sky, ripubblica e corrierino).
McCain a questo punto aveva chiaramente a mio avviso l'opportunità, mediante una scelta di gender, di fornire una sponda alle femministe deluse, agli inquieti per l'uomo nero (che non sono solo i blue collar bianchi, ma anche gli ispanici), a chi dillà conservasse il retropensiero che se Obama perdesse nel 2008, Hillary sarebbe la candidata vincente nel 2012.
Per la vicepresidenza Rep. trovavo insomma ideale una candidata prima di tutto donna; l'avrei cercata giovane per colmare il mismatch nel look tra i due ticket, ringraziando Obama per l'assist fornito nominando il vecchio "apparatchik" Joe Biden -"change yes we can" accoppiandosi con un quasi Andreotti liberal da trentasei anni di fila al Senato?!
No minoranze sociali e religiose: avrei inoltre cercato una candidata solidamente "conservative", senza nei e soprattutto assolutamente non "Neo" (abbiamo già dato grazie). Mi sarebbe piaciuta infine possibilmente in possesso di un solido background economico o con una comprovata esperienza amministrativa.
La mia ignoranza dei fatti locali Usa mi ha prevenuto dal tentare di dare un volto alla mia intuizione: non sapevo che lassù in Alaska esistesse una persona perfetta come la tempesta, al secolo Sarah Palin classe 1964. John McCain ha fatto bingo insomma, e più emergono i dettagli personali di Sarah più bingo ha fatto.
Tanto che i dems. appaiono aleno inizialmente sconcertati, sfasati, alla caccia di sensations per smontare il pericolo Sarah, al punto da dipingerla come bieca killer (dell'impiego) del cognato per vendetta, arrivano a negare che sia la madre del suo ultimo figlio (ne sarebbe la nonna, capirai ...), o di fare il tifo per un uragano novello kamikaze (vento divino), che dissipi il momentum delle armate GOP distrendo l'opinione pubblica.
I dettagli biografici di Sarah già sono molto esplicativi: oltre il soprannome di barracuda, c'è la sua passione libertarian per le armi, la vita outdoor in snowmobile, lo stufato di alce, il basket e le elezioni a miss: I love that woman! Spicca inoltre la scelta coraggiosa (sconcertante e incomprensibile per un europeo medio) choice pro di far nascere un bambino down oltre ai quattro che già aveva.
Già tutto questo fa sollevare a gente non di primo pelo, non preda di facili entusiasmi tipo Bill Kristol e Newt Gingrich, il discrimine tra i due campi avversi della authenticity: la sincerità, l'essere per davvero come ci si presenta, da che pulpito arriva la predica etc.
Il che non mi pare poco, ma non è neppure tutto.
L'avere da parte di Sarah ad esempio solo una breve ancorchè significativa esperienza amministrativa (lasciando perdere i dieci anni da sindaco di un paesino, i due anni da governatore dell'Alaska, uno Stato con seicentomila abitanti ma dal Pil equivalente a quello della Slovenia), toglie dal campo ad esempio l'arma a doppio taglio dell'inesperienza. Errore in cui è già caduto il portavoce di Obama - da che pulpito! - subitamente smentito dal suo capo.
Spero l'argomento non sia più usato neppure da McCain: The Economist docet, lo slogan unfit to lead porta sfiga a chi lo usa; anche in America è arma spuntata, gente come Jim Carter e Clinton stesso ci son passati sopra in souplesse, per non parlar di tal Ronnie Reagan.
L'aver poi scelto la governatrice di uno Stato galleggiante sopra a interessi energetici colossali, che ha saputo gestire a muso duro e in solitaria, priva com'è da indipendente di sostegni da lobby partitiche, ci fa intravvedere una scelta spiazzante e interessantissima da parte del brain trust dietro a McCain anche sul terreno economico.
A parte le palle (di entrambi) e il messaggio forte drill everywhere, c'è una precisa assunzione: altro che finanza e subprime, la crisi economica e strategica Usa e quindi occidentale porta un solo nome, quello dell'approvvigionamento energetico.
Con buona pace delle alternative (nel senso di fonti), che verranno buone quando saranno pronte, cioè tra un paio di generazioni; nel frattempo per fortuna qualcuno si preoccuperebbe dei nostri brutti vizi di voler stare al caldo d'inverno e al fresco d'estate, o di volerci continuamente muovere, per business o leisure.
Quella di Sarah Palin pare insomma una gran bella scelta non solo nel senso della tattica politica, non solo estetico e valoriale, non solo una efficace chiamata a raccolta dei consensi "true conservative" (vedere reazioni entusiastiche del "vate" del settore Michelle Malkin): è anche allo stesso tempo un segnale fragoroso di quale sia il campo che conservi il vero autentico afflato al change innovativo aldilà degli slogan.
Ai Dems. rimane beninteso un immane vantaggio iniziale, la leva sulle ansie di cambiamento dopo otto anni, oltre al solito mainstream media schierato come qui e ovunque (i giornalai si sa sono più scemi della gente considerata scema): C'è inoltre, non nascondiamolo, il fallimento dell'alleanza NeoCon+Conservative per problemi di execution più che per senso e strategia; purtroppo solo tra dieci anni ci si renderà conto del valore della presidenza Bush.
Il ticket McCain+Palin ha però la concreta possibilità di mostrare nei fatti e nei comportamenti la loro solida, autentica adesione ai valori "all american", contrapposta alle vane chiacchiere e al distintivo "dalla parte dei poveri" indossato da un elitario damerino da Harvard da sempre intento solo a guardarsi l'ombelico (tre biografie prima dei quaranta!), in coppia con un simil Bertinotti solo più "maneggione".
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