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Buona Pasqua di Conversione |
Tanti auguri a tutti, anche agli ignavi che ultimamente preferiscono star sghisci, quelli che "esporre un crocifisso è una provocazione per chi non crede".
A maggior ragione in questi tempi di vigliaccherie sopite e manifeste, faccio oggi convintamente le più vive felicitazioni a Magdi Allam e al Papa.
Al giorno d'oggi un pubblico autodafè cristiano a Roma persino il giorno di Pasqua, giorno della Conversione per eccellenza, significa minimo venir redarguiti per "l'opportunità".
In ogni caso ci vuol tanto coraggio, pensa te come siamo messi bene in Occidente.
Notate prego lo stupito e quasi timoroso distacco con cui il Mainstream Media porge la notizia così fuori dagli schemi del politically correct: come direbbe il corrispondente della Gialappa's da Beri, solo "la fredda cronaca".
Avviso ai naviganti: questo non vuol per niente essere un outing in quella che considero la noiosissima solfa di retroguardia laici vs. credenti, mero rigurgito di questioni ragionevolmente risolte nelle coscienze e nelle legislazioni locali e Occidentali dalla fine dell'Ottocento.
Non ne faccio una questione di Fede, tema in ogni caso privatissimo e nel mio caso personale estremamente arduo.
Da un punto di vista pubblico per me è una questione ben più forte, ben più esiziale e importante che il decidersi individualmente, lo scommettere pascalianamente se "c'è o non c'è".
Si tratta piuttosto del bene più prezioso per un animale sociale, con buona pace per il libertarian estremo: l'identità, privato della quale l'uomo semplicemente cessa di essere, perde ogni parità nel costante confronto con il "diverso da sè" (rivendicare una identità e pretenderne il rispetto non significa disprezzare quelle altrui) e retrocede a oggetto schiavizzabile, bestia parlante o res animata loquentis come definita dagli antichi romani, men che animale in quanto incapace di sopravvivere fuori dal branco.
Anche un miscredente come me è quindi convintamente orgoglioso di portare al collo sempre e ovunque il crocifisso, simbolo distintivo dei padri dei suoi padri (che pur si dichiaravano "prima venexian e po' cristian"), anteposto a identificativo privato di una religiosità individuale. Right or wrong, my Identity.
Chi invece abbia vergogna di dove provenga, son tutti e soli problemi suoi. Problemi che la raccontano tutta, alla Kundera, con chi in realtà ce l'abbiano veramente, chi in realtà aborrono (l'impossibile fuga dal sè).
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Abolire il Veneto?! |
"Va’ che piattume" scrive Phonkmeister riferendosi all'Emilia (abile calembour per distinguerla-assimilarla al "pattume" campano?).
Risponde Iconoplastica: "La mia croce è più il Veneto. Spiego rapidamente perché: ci passo nei miei viaggi in direzione Tarvisio/Graz/Vienna, e il Veneto *non finisce mai*. Non c’è ancora la bella collina della provincia di Udine, non ha le rocce che cominci a vedere da Osoppo in poi, non ha il verde giada del Tagliamento. La Romea ha dei bei paesaggi finché sei ancora intorno al Po, ma anche sconfortanti affacci su una provincia piatta di centri commerciali, negozioni, superstore. E’troppo lontano da casa per godere ancora dell’entusiasmo di essere appena partiti o di essere quasi tornati.
Aboliamo il Veneto, amici, e facciamo scivolare il Friuli sull’Emilia. I Veneti, liberati del passante di Mestre, ci ringrazieranno, vedrete".
La prima era un tumblerata "twitting", nulla di che. La seconda invece si articola al punto da divenire uno spunto (e' lo scopo stesso del web, esaltato dall'approccio tumblr: lanciare un "meme" che si propaghi generando riflessioni), aldila' delle idiosincrasie dell'autore e dello scrivente. Pur non essendo "residente" ho gia' risposto su Abr's No Comment a caldo.
Non e' solo questione di orgoglio identitario, e' chiaro che se uno passa il Veneto in treno beh ... Anch'io da giovanissimo, passandoci per ferrovia, credevo Milano fosse tutta squallidi falansteri e decrepite case a ringhiera. Basterebbe aver la voglia anche solo mentale di volare a destra o a sinistra, oltre la ferrovia e il capannone: "certe cose sinora le avevo viste solo sulla rivista Airone" mi disse con aria sognante una ragazza foresta dopo una escursione in Valle (credo volesse riferirsi non solo ai rituali di accoppiamento).
Non e' solo una questione di orgoglio identitario, che comunque male non fa: gli italiani, in questo distinti dai veneti, sono l'unica gente al mondo che indulge con volutta' nell'auto-denigrazione, cosa ben diversa dall'understatement e dall'auto-ironia cosi' tipiche lassu'.
Non e' solo questione di orgoglio identitario: considerazioni cosi' indifferenti e tranchant fanno ricordare il 17 novembre, funesto anniversario passato ancora una volta nel silenzio tombale. Questo ultimo cadeva il 210' anniversario del trattato di Campoformio: Napoleone chiudeva con una semplice firma il sacco dei tesori e mille anni di indipendenza della Serenissima, senza resistenze da parte del Doge furlan e di un Consiglio di smidollati.
Da li' la storia scritta dai vincitori inizio' a dipingere Venexia come una sorta di Bisanzio in sedicesimo: repressione, i "nobiluomini" intenti a cavarsi gli occhi l'un con l'altro, popolino servidor, un mondo fondato sullo sterco del demonio idealista e catto-social: i schei e il negossio. Trascurando che grazie ai schei si pubblicassero in liberta' piu' libri a Venexia che in tutto il resto dell'Universo.
Non e' solo questione di orgoglio identitario se mi spiace che l'idea di "abolire" quella regione metta di buonumore alcuni "compatrioti", e dovremmo pure ringraziare.
Per fortuna non sarebbe operazione da poco: riuscimmo a farci gli affari nostri per mille e passa anni contro imperatori, papi e il Turco, gente che schianto' comuni, signorie, regni e imperi quasi allo schioccar delle dita.
Di fatto per abolire la Serenissima, mica bastarono i Savoia o un Garibaldi qualsiasi ocme per altre parti della Penisola; ci vollero degli autentici ca**oni da podio assoluto di tutti i tempi: prima Napoleone, poi Otto von Bismarck. Il primo a favore degli austrungheri ( che non fu tempo di "buona amministrazione" come si favoleggia), il secondo per conto dei "Talian". E ci siamo pur tolti l'ultima soddisfazione a Lissa, infliggendo l’ennesima sconfitta alla marineria ligure-borbonica.
La mazzata finale: a partire dal 1870 dalle Venezie emigrarono in proporzione tre volte tanto che dal Sud Italia. Insomma, "liberarci" non fu cosa vantaggiosa ne' indolore (e dovremmo anche ringraziare?), ne' tantomeno facile quanto il nasconderlo, complici la rimozione risorgimentarda e fascio-comunista di mille anni di storia, con il collaborazionismo di tanti, troppi "zio Tom", dal Manin al buon ultimo Calearo.
Non e' solo questione di orgoglio identitario se ricordo che una delle esperienze piu' classiche e ricorrenti di un "expatriate" veneto (in "Padania") come sono, e' sentirsi chiedere da uno sconosciuto bigliettaio piuttosto che da un fornitore: "Da dove viene lei? Sa, ho inteso una certa inflessione...".
Eh saremo forse provinciali, ma solitamente ci teniamo a non fare gli snob tra noi.
Contrariamente all'italiano medio piombato a Sharm in volo charter o al gitante domenicale in coda che si domandano infuriati, milanesi tra milanesi o romani tra romani: ma dove va tutta 'sta gente ...
Non e' solo questione di orgoglio identitario se l'incapacita’ di percepire un panorama geografico e umano cosi' fortemente connotato in senso identitario (per quanto umiliato soffocato e stravolto da fame e emigrazione prima, da benessere fabbrichette e immigrazione poi), mi pare solo un sintomo.
Rivela la diffusione di quel giacobinismo sociale furente che costituisce la novella filosofia di vita della plebs urbis italica. Una forma di individualismo solipsistico che rende proni al livore contro, che non vuole elevarsi (e' faticoso) ma pretende come diritto che il piu' fortunato venga atterrato e spogliato, pardon "redistribuito".
Non e' solo questione di orgoglio identitario se sottolineo che in questo contesto cosi' classicamente e modernamente "italico", la piu' antica delle caratteristiche regionali venete risulti incomprensibile e anzi pericolosa: mi riferisco allo spirito "clanico" di appartenenza e di distinzione, quel collante identitario che ancor oggi tiene inopinatamente unite comunita' isolate dal Messico al Rio Grande do Sul, in una koine' dalla tipologia indubitabilmente "nazionale".
Non e' solo questione di orgoglio identitario, sicuramente nei veneti e' presente una consapevolezza molto piu' "nazionale" che non tutta l'italianita' inculcataci con le cattive nei settanta anni (tre generazioni) a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Ogni bravo giacobino (il mero prodotto del mainstream educativo-informativo corrente) non puo' ne' comprendere ne' tantomeno tollerare tale spirito "nazionale": non avrai altra identita' al di fuori di quella che ti verra' concessa dall'alto (statale o ideologica poco importa), secondo la glossa diffusa dalla scuola statal-sociofascista:“il cittadino dev’essere nudo e indifeso (di fronte allo Stato), il più possibile privo di reti IDENTITARIE di solidarietà e sussidiarietà” (cfr. qui).
Concludendo, non e' solo questione di orgoglio identitario se vi diciamo: no grazie amici, eventualmente di "abolirci" e "liberarci del passante di Mestre" lo vorremmo finalmente decidere da soli. Vi ringrazieremo se finalmente ne lassare' in paxe.
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Tutti uguali al 99,9% |
In un recente discorso Hillary Clinton, nel tentativo di accattivarsi il voto delle minoranze etniche, ha fatto riferimento a una delle leggende metropolitane più diffuse nell'Umanità dalla seconda metà del XX Secolo, tanto acriticamente accettata e pervasiva da fare il paio con le fobìe della Cristianità ai tempi dell'Anno Mille.
Tale leggenda si fonda su un truismo elevato a paradigma in virtù della sua adamantina "correttezza politica", e ben rappresenta come anche oggi al pari di tempi considerati oscuri, gli stessi dati scientifici non scalfiscano le posizioni considerate "corrette" ma a queste vengano piegati.
“The differences in how we look" dice la Clinton "in our skin color, our eye color, our height, stem from just one-tenth of 1 percent of our genes.”
Voleva sostenere che siamo tutti uguali e le differenze tra razze non esistono, dal momento che la genetica mostrerebbe che siamo tutti geneticamente uguali al 99,9%. Anzi, un momento, a meno dello 0,1% non esistono neppure differenziatori INDIVIDUALI ... saremmo tutti uguali!
Chiarito preliminarmente che per noi, banali etero (cfr. figura), diversità non significhi disuguaglianza nei diritti (come evidentemente invece pensa la Clinton e tutti i liberal), viceversa rappresenti un valore da tutelare, uno dei più preziosi, provvediamo a smontare la falsa credenza dell'uguaglianza umana "asseverata" dalla genetica.
- Primo: il 99.9% NON è la percentuale di geni uguali tra gli umani, bensì delle sequenze di nucleotidi coincidenti. Queste sono le costituenti fondamentali dei geni, formati da loro lunghe, talora lunghissime catene. La differenza non è di poco conto, una analogia forse aiuta a comprendere e persino Hillary può capirla: quante cose diverse possono essere costruite usando le stesse viti e bulloni? Ci arriva chiunque abbia giocato a Meccano.
- Secondo: in ogni caso, indipendentemente dal punto uno, "viti e bulloni" non sono "circa" gli stessi; il genetista John Hawks la spiega così: “lo zerovirgolauno percento di 3 miliardi è un numero fottutamente grande: stiamo parlando di una media di 3 milioni di differenze tra i nucleotidi componenti due genomi della medesima specie presi a caso”. Si tratta davvero di un gran bel numero, dal momento che una SINGOLA variazione nel genoma potrebbe determinare notevolissime differenze tra individui.
Ci sarebbero ulteriori elementi da sottolineare, ad esempio il fatto che i metodi (elettrolitici) che producono il risultato della "nostra" uguaglianza nucleotidica al 99,9%, in realtà non catturino differenze di più alto livello tra le sequenze. Crediamo però che il concetto sia chiaro senza doverci spingere in territori più tecnici.
Se ne può concludere che la fola della sostanziale uguaglianza genetica umana sia la solita cagata politically correct, un mero piegare numeri per giustificare credenze egalitariste volte a giustificare l'oppressione dei pochi sui tanti e le conseguenti "redistribuzioni".
E pensare che persino i Clintons possiederebbero la "chiave" per comprendere come tale famosa percentuale non implichi proprio nulla: come infatti molti sanno, l'Uomo condivide con lo scimpanzè il 98,9% delle sequenze di nucleotidi, ma siamo evidentemente tanto diversi da appartenere a famiglie distinte, how come?
Altro fatto della vita: molte razze di cani morfologicamente e caratterialmente molto diverse tra loro, condividono esattamente il medesimo aplotipo (configurazione del genoma).
L'evidente differenza tra la famiglia umana e la nobile razza degli scimpanzè, le differenze tra razze canine anche in termini di adattabilità e comprendonio, sono intuitivamente note al senso comune che le differenze le "vede". La "correttezza politica" però se ne frega del buon senso, lo vorrebbe superare, "rieducandoci" per proiettarci oltre tale retaggio di ignoranza e superstizione.
Peccato non si possa scalzare il fatto che percentuali anche piccole su numeri molto grandi producano risultati significativi, concetto tipicamente poco chiaro ai "classici"; oltretutto siamo in territorio che pullula di non-linearità (altro concetto ostico per i nostri soliti "classiconi"): non tutti i geni sono uguali, alcuni (detti "regolatori") gestiscono processi ad alto livello e hanno implicazioni sul funzionamento di altre parti del Dna (detto "strutturale"), quindi mutando producono più differenze di altri.
Lo stessissimo principio vigente tra uomini e scimpanzè vale, mutatis mutandis, all'interno delle popolazioni umane, visto che i processi selettivi e casuali sono gli stessi.
Finiamola allora di negare l'evidenza in nome della "correttezza".
Ci rendiamo perfettamente conto di muoverci su un terreno minato nel criticare correttissime anche se controintuitive evidenze (le differenze di colore complessione, statura etc. esistono eccome); come se prima dell'Anno Mille avessimo sostenuto che la fine del Mondo era lontana e non serviva pentirsi.
Del resto persino Luca Cavalli Sforza il padre dell'antropologia genetica, colui che ha inaugurato lo studio delle differenziazioni genetiche su base evolutiva delle popolazioni umane (la moderna base scientifica per la distinzione dell'Umanità in ... razze, ooops aplotipi, popolazioni), sosteneva a ogni piè sospinto: "Le razze non esistono" - altrimenti chi mai l'avrebbe incattedrato e finanziato i suoi studi?
Ripetiamo, differenza non significa disuguaglianza nei diritti; tale fact of life andrebbe piuttosto letto come si interpreta il termine "diversity" per le starne artiche piuttosto che per i duemila dialetti Papuasici: è quella cosa da preservare per prima nell'ecosistema umano prima ancora che terrestre.
Il tutto con buona pace di tutte le tipologie di "diversi" che desiderano sottolineare la loro sostanzialmente falsa uguaglianza con la maggioranza, senza però perdere le prerogative "affermative" e le protezioni derivanti dalla loro diversità.
Un'altra credenza moderna che sovente accompagna il truismo di Hillary sopra smontato è che l'evoluzione umana sia ferma, una volta arrivata all'orlo del suo ultimo stadio liberal - Clintoniano, il melting pot finale in cui l'Umanità finalmente Tigerwoods-izzata abbatte le barriere per affacciarsi al Sol dell'Avvenire del siamo-tutti-uguali.
Nulla di tutto questo, per fortuna di tutti Hillary inclusa: le differenze tra specie umane e tra individui non solo esistono, ma pare stiano accelerando da 40.000 anni a questa parte, da quando cioè i nostri antenati Sapiens uscirono dall'Africa (seconda ondata) e iniziarono la colonizzazione del Pianeta: si valuta che all'incirca il 7% del nostro genoma sia cambiato in poche decine di migliaia di anni (siamo delle schegge rispetto agli altri mammiferi), in modi estremamente differenziati secondo le geografie. Ma questo è un altro tema, se interessa magari ne accenneremo un'altra volta.
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La Sapienza o how to make a mummy |
Qui di seguito sosterrò una tesi impegnativa e imbarazzante: se ne esce con l'imbalsamazione. Seguitemi prego.
Gli antichi egizi usavano imbalsamare i defunti e il perchè lo sanno tutti: era la cristallizzazione della materia e del tempo, e con essa la fine del dolore, delle mutazioni, del degrado, della vecchiaia e della morte; in una parola era il raggiungimento per negazione della vita eterna.
“Sei giovane di nuovo. Vivi di nuovo. Sei giovane di nuovo. Vivi di nuovo. Per sempre.", era l'antica preghiera dei morti.
Tramontata quell'arte della più antica tra le civiltà del Pianeta, perdute le sue tecniche, non è forse la vita eterna e la fine del dolore esattamente la mission ereditata dalle religioni per come le conosciamo oggi?
Non sorridete giovinastri, essa è esattamente anche il fine ultimo cui ambisce la Scienza contemporanea per l'Uomo: forever young & painless.
[Inciso: un laicissimo conoscente tempo fa mi narrò con sicumera para-positivista dell'ideale mondo senza morte e dolore assicurato nel prossimo futuro da quella che secondo lui si chiama scienza.
Non si rese conto che la nobililissima missione umana della scienza innanzitutto si pone traguardi asintoticamente irraggiungibili (ignoranza del concetto di limite matematico, tipica sindrome da cultura classica), ma piu' che altro non aveva colto che eliminare la morte significherebbe abolire allo stesso tempo la vita: banalmente, cosa se ne farebbero gli immortali dei bambini? Come potrebbero permettersi, raggiunta la stasi eterna dell'equilibrio, che qualcosa cresca, muti, divenga? ].
Abbiamo quindi due "Corporate", la Chiesa e la Scienza, novelle Pepsi e CocaCola, che diversamente da ieri si rivolgono oggi al medesimo ""mercato" con identica mission, utilizzando persino il medesimo payoff: una cattolica cioè universale e l'altra ... universitaria.
E pensare che questa Scienza è figlia dei monaci amanuensi, delle Scholae Palatinae che si fanno Universitas Studiorum, dei chierici Cartesio e Bacone e della travagliata definizione del metodo .. La scienza (e la filosofia, la tecnica) e' poi anche figlia di una logica e persino sana contrapposizione edipica col padre (la religione): si tratta di una naturale affermazione di individualita' peculiarita' e indipendenza, la fuga dall'amore soffocante. Ci sta, e' quanto ad esempio NON (ancora?) avvenuto nell'Islam.
Ricordiamo pero'un fatto: il raggiungimento della maturita' non si misura nell'asprezza del conflitto col padre; al contrario risiede nel suo positivo superamento. Si esce dall'adolescenza non solo sulla base del numero e della qualita' delle prove superate da soli (vero a maggior ragione in un paese di mammoni deresponsabilizzati come il nostro), ma soprattutto quando finalmente si e' in grado di riconoscere il legame, la dignità, la legacy paterna; non se ne esce certo "eliminando" il padre, per sedersi al suo posto e prendersi la madre in moglie (stessa mission, stesso mercato, medesimo payoff ...).
Invece, dai "membri" del corpo docente della sedicente La Sapienza in giù, è tutto uno scontro, un innalzar barricate da ambo le parti. Pura retroguardia: atteggiamenti bullisti da adolescenti, tipici non tanto dei "vertici", che come logico tra Oligopolisti gradirebbero il Cartello, la pacific cohexistence, quanto piuttosto dei tifosi, degli orecchianti dell'una e dell'altra sponda, dei tanti servi sciocchi, minus habens disinformati e frementi. "Han cominciato prima loro (vedi cos'han fatto a Galileo)", è il solito grido di battaglia di tutte le gang giovanili.
Come se n'esce? Il padre non ammazzerà mai il figlio, piuttosto si farà uccidere; è questa l'unica via d'uscita se il figlio non matura alla svelta? Salvo poi pentirsi e accecarsi per il rimorso come Edipo? Perchè tanto odio? Non sarà alla fine tutto questo desiderio di toglierci di torno l'impiastro paterno una mera pulsione autodistruttiva da spaventati depressi, come ci insegna il mito?
Per fortuna di tutti noi un certo Bob Brier ha deciso di studiare l'arte dell'imbalsamazione direttamente dagli antichi testi egizi e finalmente è stato in grado di recuperarne le tecniche perdute, così che oggi siamo in grado di descrivere "how to make a mummy" (prego compulsare l'articolo per i dettagli pratici).
Imbalsamiamoci tutti (alla morte ovviamente), ecco come se n'esce: la scienza che si fa tecnica togliendosi le tonache talebane e donando all'Uomo la vita eterna, senza bisogno di troppi aborti e eutanasie; la religione che consacra e santifica la tecnica, senza rinnegarla o mortificarla, anzi rivestendola di un corpus trascendente e rituale. Back to the future.
Vi sembra stupida come via d'uscita? Ah, allora sarebbe più intelligente rifare le barricate di Porta Pia centoquaranta anni dopo? Quello sì sarebbe un vero back to the future; ai paradossi voi proprio tetragoni eh?
Battute a parte, mi piace chiudere citando Peter Russell, studioso contemporaneo (quello delle "mappe mentali" che insegnano in Ibm e da altre parti per alzare la produttività dei white collars), intervistato da David Jay Brown in “Riflessioni sull’orlo dell’apocalisse” (Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2006):
Il conflitto tra scienza e spiritualità si deve superare.
La scienza crede che religione e spiritualità si riferiscano al mondo materiale. Perciò quando si trova alle prese con i testi religiosi, si limita a dire che è tutto sbagliato. Ed è chiaro che lo è, se crediamo che i testi religiosi parlino del cosmo come realtà materiale.
Se ammettessimo che le tradizioni spirituali derivano dalla comprensione profonda della natura e della psiche umana, dei limiti della mente e di come possiamo liberarla dall’ego, capiremmo che hanno una grande valore.
La scienza descrive il mondo fisico, l’universo materiale. La spiritualità descrive il paesaggio interiore e come esplorarlo.
Una volta chiarito che le due sfere si riferiscono a realtà diverse e complementari, il conflitto svanisce. Non c’è più bisogno di una riconciliazione.
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Loss von Rom |
L'atroce violenza commessa da uno sbandato rom-eno ubriaco alla periferia di Rom-a, esaurite le dovute espressioni di orrore e condanna nei confronti del crimine e del criminale, si presta a vari livelli lettura "sociale".
1. Letture "classiche"
Liquidiamo subito le "Sansonettate": secondo alcuni, tanto rumore per nulla, si starebbero instillando nella gente paure prive di riscontro ogettivo, in Italia i delitti di sangue in realtà starebbero diminuendo.
Sprechiamo un minuto del nostro (mio e vostro) tempo per spiegare a costoro che il trick dei due polli in media uguale un pollo a testa e' troppo vecchio. Di fatto sono in netto aumento in Italia le vittime di furti rapine e violenze in zone e per categorie sinora relativamente immuni; cio' che calando apparentemente bilancia la statistica sono gli omicidi da regolamenti di conti mafiosi, cioè eventi locali a volte percepiti come ineluttabili se non salutari, in ogni caso estranei alla "gente comune".
Ricordiamo ad esempio agli obnubilati dall'ideologia "sporco e disperato è bello" che l'anno scorso in Italia sono avvenute il 57% di tutte le rapine in banca dell'intera Europa; il nostro è l'unico Paese in cui aumenta questo classico da Far West, prova di distratta assenza della Forza Pubblica.
E' sufficiente? No? Allora ai Sansonetti vari per capire non rimane che sperimentare il furto di cellulare al Parco mentre si fa footing, con pestaggio e incu**ata finale (episodio avvenuto realmente a Milano). Economicamente irrilevante, nessuna esecrazione omofoba, le statistiche a posto ... solo, mi consenta, non siamo abituati, ai tempi pre immigrazione di Vallanzasca o anche delle Bierre 'ste cose non succedevano.
2. Due pesi due misure
Qualche mese fa avvenne un fatto in sè ancora più atroce e raccapricciante: una coppia di anziani custodi fu sequestrata in casa, brutalmente seviziata per ore e infine soppressa senza pietà da un terzetto di extracomunitari. Come mai il mainstream media e tutto il Paese esplode con indignazione normative e ronde solo ora?
Risposta: perchè il primo caso avvenne nella periferica e per certi versi "antipatica" Treviso (Gentilini, la Lega, 'sti Veneti ricchi e razzisti etc.etc.), mentre 'sto qui è avvenuto vicinissimo al cuore della Capitale, ha riguardato la moglie di un "Servitore dello Stato" e avviene dopo i pestaggi e le rapine subiti da qualche esponente periferico della Casta (un regista e un giornalista). In piu' mentre la gente di Rom-a e' abituata a richiedere protestando la protezione dello Stato, la gente di lassu', piu' civile, dopo centoquarantun anni di menefreghismo statale nei loro confronti s'e' lividamente rassegnata, al piu' medita su cosa fare da sola. Da cui inferriate, allarmi, cani, armi, auto-reclusione notturna.
3. Chiacchiere e distintivo
Mercoledì ascoltavo su Radio Radicale il Uòlter, munifico sindaco di Rom-a, esporre ai quadri Piddì l'assoluta necessità di approvare il pacchetto sicurezza, quella pallida e insufficiente accozzaglia di provvedimenti (prevalentemente diretti contro il ... falso in bilancio!) messa insieme alla meglio dal Governo.
Mache bravo! Finalmente un ragionamendo che prescinde dalle ideologie triste che ancora si sentono proclamate senza vergogna -mi dissi. Poi avviene il fattaccio, proprio nella citta' che costui amministra da anni. E allora si capisce che e' il solito italico tutto ciàcole senza sostanza: sono anni che nasconde la fuffa sotto il tappeto, predica bene ma lascia passer.
Ricordiamo che questo presunto cantore del "basta succubi dell'ultrasinistra", lasciava che in certi luoghi pubblici della sua Citta' venissero banditi non i vagabondi ma i distributori di Coca Cola!
La primaria responsabilita' amministrativa di quanto avvenuto e' evidente: basta visionare il degrado dell'ambiente (pubblico) in cui il delitto è avvenuto. Se ti riempi di pustole in faccia, forse sarebbe meglio fare una visitina a fegato o intestino prima che sia troppo tardi ... Ma la parola "tolleranza zero" fa paura a quelli cresciuti a porgi-l'altra-guancia, Materialismo storico e "noi-sofisticati-Europei-culturalmente-superiori".
Del resto non servono gran teorici per capirlo: se lasci che qualcuno insozzi i muri, qualcun altro dedurrà che lì ci si può fare una pera senza disturbi; prima o poi uno di questi drogati farà un borseggio, un furtarello; infine qualcuno sentirà l'insopprimibile esigenza di scaricare i suoi cog**oni nella prima che passa (un .. diritto?). As simple as this.
Si arriva a lasciar che tutto rotoli cosi' per incapacità, disinteresse o e' un piano preciso di rafforzare il peso dello Stato aumentando l'insicurezza della gente? Non interessa, giudichiamo i risultati dell'Amministratore non le sue intenzioni. Se ai Rom-ani Ueltròn e i Piddì piacciono, se li tengano; fin che il Nord purtroppo condivide i destini del resto d'Italia, di un flaccido incapace come costui e di tutti i suoi accoliti intruppati non sappiamo proprio che farcene.
4. Forza fiacca
Le cosiddette Forze dell'Ordine! In gran parte e' gente che cerca "il posto fisso", magari tranquillo. E si giustificano con l'assenza di leggi e di finanziamenti. Ma come, in un Paese super ingolfato di norme?! E con rapporti cittadini per poliziotti da far invidia a Putin? Non sara' che la benzina manca perche' con quei soldi si devono pagar stipendi?
Il fatto e' che non si sa dove stanno, in giro di costoro se ne vedono pochini, e' significativa al proposito la sopra citata statistica sulle rapine in banca. Anche quando ci sono poi .. ho personalmente visto quest'estate una pattuglia nullafacente parcheggiata in Piazza dei Miracoli a Pisa, a pochi metri dal grande suk di articoli contraffatti spacciati in evasione totale. Saranno ordini superiori, mi son detto.
Infatti Prefetti e Questori e giu' per tutta la scala gerarchica, tengono tutti famiglia e carriera; le leggi sono tante e confuse proprio per permettere che vengano interpretate in stile "semaforico" e vagamente sindacale.
Non e' mica un compito facile: devono tenere in considerazione anche potenziali cambi di orientamento govenativo; le vendette postume sui loro eccessi di zelo sono sempre in agguato, stile avvisi di garanzia sui fatti del G8 a Genova.
Per cui sai qual'e' la novita'? Chi nulla fa nulla sbaglia, meglio starsene in Commissariato a far carte ridicole e inapplicate in italiese maccheronico, tipo i fogli di via.
5. Normativa fiacca
Pare ci sia un passaparola tra rom-eni: andiamo tutti in Italia tanto laggiù la polizia non c'è e quand'anche ti prendessero, non ti fanno nulla. Che Bel Paese accogliente - con gli analfabeti sbandati, mica coi ricercatori.
Lo conferma la prima reazione dell'assassino Rom, per nulla impaurito: "Ora in cella finalmente mangio e dormo in pace". Anche uno dei trucidatori di Treviso la vede easy: "Non parlo, tanto tra poco sono fuori".
Il ruolo decisivo in tale sfascio, bisogna riconoscerlo, e' quello della Magistratura. E' l'architrave della Casta, in cui entrano e fanno carriera (automatica) i minus habens più conclamati di Giurisprudenza - Facoltà che già di per se non necessita di gran neuroni. Diciamo chiaramente quello che e' comun sentire da quelle parti accademiche, ma nessuno osa dire apertamente: la Magistratura è il refugium di quelli senza possibilità di far carriera privata. Una volta entrati, si apre il paradiso degli scatti automatici di carriera e stipendio e della impunita' assoluta. Dei veri impuniti, per dirla alla rom-ana.
Ho personalmente conosciuto ai tempi universitari due rane "vincitrici" di concorso di accesso alla magistratura: da rabbrividire, una era autentica psicopatica con crisi depressive e manie di persecuzione, alla faccia dell'equilibrio di giudizio. Il timone della nave in cui viaggiamo è in mano alle scimmie.
6. Politica fiacca
Anche la politica in generale non è ovviamente immune da critiche.
Molti i succubi della cultura "alla Caritas" propalatrice della bufala del secolo (al pari di global warming e della droga da "curare" nei loro centri di recupero): "l'immigrazione è un fenomeno epocale", cioè non possiamo farci nulla.
I più "avanzati" e "libberali" sottopongono volentieri il neurone spento alle pressioni dei Confindustri, imprenditori arretrati sopravissuti grazie alle svalutazioni della lira che ora necessitano sia mai di innovare (costa!) bensi' di azioni al ribasso sul costo del lavoro (lamentatevi poi del precariato e delle paghe italiche le più basse d'Europa!).
I nostri ignorantissimi politicanti al massimo han saputo spingersi sino alla Bossi-Fini - che gia', piuttosto che niente ... Se almeno venisse applicata.
Non cambierebbe comunque la base che alimenta tutto ciò che di pernicioso sta avvenendo ultimamente in Italia (delitti, precariato, salari bassi, mancanza di innovazione): l'Italia Confindustrial - Caritatevole fa emigrare i ricercatori e importa analfabeti, sbandati, mendicanti, lavavetri e spacciatori (di droga o di occhiali falsi), cultori di usi costumi e credenze medievali. Punto e fine della questione.
7. A che serve questo Stato?
Piccolo excursus (pre-)storico: i Clan parentali (vera cellula primitiva umana: le famiglie mononucleari sono invenzione "artificiale" e invero recente) intrattenevano da sempre relazioni piu' o meno strette con clan limitrofi, spinti dai vantaggi dello scambio (di oggetti e di femmine: tabu' dell'incesto).
A un certo punto le dimensioni ottimali dei gruppi coesi scalarono velocemente verso l'alto, probabilmente a causa della necessità di grandi operazioni comunitarie (regolazione delle piene o le transumanze stagionali, simboleggiate da grandi opere comunitarie come templi e piramidi). La sommatoria di tribu' contigue diviene Popolo e si afferma lo STATO incarnato nel Re, che per sciogliere la sua appartenenza a un preciso clan e sollevarsdi cosi' sopra a tutti si fa semidivino. Il Sovrano prima di tutto e' titolare della proprietà - campi, greggi, case, villaggi, mogli, figli: ne garantisce la SICUREZZA.
Questo excursus (pre-)storico è per dire che la primaria ragione dello Stato è garantire un ragionevole livello di sicurezza ai suoi cittadini-sudditi, nel mentre essi stessi si dedicano e provvedono sussistenza, prosperità e felicità loro e quindi dello Stato stesso.
Quando uno Stato non è più in grado di garantire sicurezza, non si vede perchè i cittadini-sudditi dovrebbero concedergli fette crescenti della propria ricchezza, cedendo in piu' aggratis la proprieta' primaria del clan, quella della "giustizia".
Non per caso all'inizio dell'evo moderno, quando si formano gli Stati nazionali e il Sovrano assoluto riduce il potere dei nobili, cio' che rende a costoro a mo' di risarcimento e' il diritto di amministrare la giustizia locale: nasce la Magistratura come potere separato.
Insomma, l'incapacita' di uno Stato con la sua Magistratura a mantenere al sicurezza dei cittadini, costituisce motivo necessario e sufficiente per la sua disgregazione e sostituzione. La decisione su se e come riaggregarlo spetta ai suoi costituenti, che sotto il profilo logico e storico non sono nè gli individui (quindi non sono i Partiti) nè le Corporazioni di Arti eMestieri; dovrebbero essere le "Nazioni", identificate su base identitaria e culturale. Non sono "anti-Jefferson" in questo, leggete bene la Declaration e vi renderete conto che quel gruppo di evasori fiscali, schiavisti e contrabbandieri non si sente rappresentante di una somma di individui, ma di una Nazione che si va a fare Stato (il tentativo inverso non funziona mai: "fatta l'Italia, ora c'e' da fare gli Italiani").
Illuminante e "densa" a proposito di "fonti" vere della giustizia e' la dichiarazione di un Rom sgomberato dalla baraccopoli di Tor di Quinto da cui proveniva il criminale: "Se l'avesse fatto a una delle nostre donne ce lo saremmo già giustiziato da noi".
Ciò è primitivo, ma non nel senso anti-moderno e poco evoluto del termine; al contrario, è ragionamento ineliminabile, basilare e fondante dell'umano convivere.
Da questo punto di vista lo Stato Italiano è più avanti (invero non di molto) dei suoi consociati europei, cioè già alla frutta. Sotto questo profilo si spiega al reazione veemente contro i balordi che sono partiti per primi a pestare qualche Rom-eno a caso: è la stessa ragione per cui questo Stato pur imbelle e inefficiente dissuade i cittadini a "dargli una mano" armandosi per auto-difendersi: quei violenti rappresentano l'annuncio dell'(esosa) inutilità di questo Stato, l'annuncio della sua ingloriosa fine.
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Nobel Gone (wild) |
A fronte di casi come questi le reazioni possono solo essere quelle classiche, tipo: "non siamo soliti commentare le decisioni della Giuria", o "attendiamo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza per valutare se presentare appello".
No è Bel toccare con mano che averci il 50% di cog***oni on board è problema che affligge non solo il Bel Paese.
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Santa Maria delle Vittorie |
Oggi 7 ottobre, ricorrenza della battaglia di Lepanto, una volta era festa: Santa Maria delle Vittorie. Per noi Venexiani lo rimane, quasi una festa nazionale: a fianco del 25 aprile giorno di San Marco e del 20 luglio, battaglia di Lissa, ultima pur postuma vittoria marinara vèneta.
Auguri a tutte le Vittoria, Maria Vittoria, Martina Vittoria, Michela Vittoria etc..
Profondo il cordoglio invece per i neuroni defunti di Bertinotti, che la scorsa primavera fece rimuovere dalla sala dei Cavalieri di Montecitorio il quadro commemorativo della battaglia di Lepanto sotto riprodotto. Gesto patetico oltre che spregevole, come se gli inglesi cambiassero nome a Trafalgar Square per non offendere i turisti francesi.
Poco male, chi si sacrificò per preservarci dal pregare cinque volte al dì col culo opposto alla Mecca, non si cura certo della gratitudine di poveracci che invece di vergognarsi della faccia un po' così che portano, vorrebbero rimuovere la nostra identità.
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Omaggio a Joe |
Si è spento a Vienna la sua città Joe Zawinul, "inventore" del Fusion Jazz; a rivederlo in una registrazione "pre-elettronica" del 1978 con Wayne Shorter e Jaco Pastorius - Wheather Report formazione originale - fa un po' (tanto) "Umbria Jazz" con tutto ciò che ne consegue, ma non si (rin-)negano le tappe del proprio percorso di crescita e questo piccolo tributo (20 min...) a un grandissimo della musica è sentito e doveroso. Grazie Joe, ciao.
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Vischio antvopologico |
L'antvopologica supeviovità dei sinistri assurge a nuove immacolate vette; il balzo in avanti è dovuto al dott.rag. Visco, ospite sabato a un convegnuncolo di Marghera - santuario del socialame in via d'estinzione nel Vèneto.
Il commercialista della Magna Grecia non stava dal barbiere, eppure se n'è uscito col seguente memorabile fendente sociologico: «Posso dire con una battuta che qui in Veneto l’antistatalismo è consustanziale, della medesima essenza, con la cultura media dei cittadini della regione».
Credeva forse di offendere, in realtà fa un complimento: ha colto che l'anticentralismo satura l'aria che gli abitanti delle Terre del Leone di San Marco respirano ogni giorno.
Dev'essere veramente incomprensibile per uno col suo background, constatare che l'incolta plebe veneta non assimila la "cultura" da sudditi come quasi tutti gli altri popoli della Penisola, nonostante ci provino senza posa dal 1866.
Il suo è il medesimo fastidio dei maesti, dei carabinieri, dei segretari comunali etc. provenienti dalle sue stesse latitudini, che assieme al toscano dovevano portare lassù la cosiddetta "cultura dello Stato".
Purtroppo per tutti loro, nemmeno duecent'anni saranno abbastanza per inculcare contenuti valoriali che non si hanno a "ignoranti" che già li possiedono da sè - ci riferiamo a civismo, decoro, dignità, spirito d'iniziativa, rispetto dell'ambiente e degli altri. Si può solo tentare di imporre vuote "forme" - il linguaggio, le regole, la sottomissione - che non scalfiscono la sostanza; e fin che dura.
Torniamo al vice-ministro più arrogante e potente della storia dell'Italia Repubblicana, dall'auto-attribuito ruolo di fustigatore delle Vènete attitudini, che nemmeno Garibaldi Crispi Cadorna e Salò tutti assieme; evidentemente ieri si sentiva in forma.
Ha rivelato infatti la base "e(t)nologica" delle crisi finanziarie:«Non è impossibile finire in crisi finanziaria, basta che uno si distragga un momento. L’Argentina esiste - ha concluso - e quello è un Paese fatto per metà di italiani, molti sono anche veneti, hanno l’attitudine a non fare i conti con la realtà».
Ora, non è il caso di perdere tempo e informare il Nostro che la massima concentrazione di vèneti emigrati sta in Brasile non in Argentina, specialmente nel Rio Grande do Sul, lo Stato più prospero del Brasile ove si parla taliàn assieme al portoghese; sia come sia, per fortuna che arriva lui dalla Magna Grecia a portare quel contatto con la realtà; chissà come farebbe senza di lui la Regione senza industrie assistite - tranne proprio Marghera nel passato - dal Pil maggiore di quello di interi Stati occidentali (l'export di Vicenza da sola vale quello di tutta la Grecia).
Del resto, immedesimandosi nel livido commercialista di Foggia, un motivo ci sarà se i coglioni (Cav. dixit), quelli convinti che "pagare-le-tasse-è-dovere-morale" sono arrivati ad essere maggioranza in tutto il resto d'Italia, persino tra i sedicenti "moderati", ma nel Nordest gnente, non c'è verso.
Tornando per un istante seri, Visco rappresenta un caso emblematico: indica quanto il socialame centralista e statalista sia purtroppo consustanziale - questo si - alla mentalità di tanti, troppi popoli della Penisola. Il politico pugliese rappresenta l'emblema di chi si rifiuta di confrontarsi coi fatti nudi e crudi:
- che l'evasione fiscale è fenomeno precipuo, imponente e incontrastato del Sud (cfr. dati Cgia Mestre, una fonte sindacale più consultata e autorevole dell'Istat);
- che tutti gli Stati che hanno ridotto le tasse hanno aumentato anche il gettito fiscale, mentre il viceversa Tps-Vischiano - aumentiamo la pressione sui soliti noti facendo finta di perseguire l'evasione, poi dopo ridurremo le tasse - è giocare a fare il Gatto e la Volpe;
- che i Cittadini riuniti hanno il diritto di ribellarsi alle vessazioni dello Stato, come si legge chiaramente nel Documento Civile che vale la pena di leggere per primo di tutti, la Dichiarazione d'Indipendenza Americana.
Non ci mettiamo a tirar rigori a porta vuota scendendo anche noi al livello e(t)nologico di Visco - a farli per davvero sarebbero discorsi troppo seri - manteniamoci al "politico".
La massima densità di chi rifiuta di confrontarsi con tutto ciò è ovviamente tra chi fonda il proprio credo politico nel socialismo, poi tra quelli che travisano in "sociale" il messaggio Cattolico che è invece intrinsecamente liberale e conservatore ma non meramente tradizionalista come spendidamente chiarito da Zamax.
Di nazional-statalisti se ne trovano comunque anche nella destra moderata ( "bisogna pagare le tasse") e nella destra estrema, a riprova delle radici irrimediabilmente socialiste di Mussolini e dell'esperienza fascista.
No grazie, preferiamo la banda di evasori e contrabbandieri guidata da Jefferson a tutti loro e ai supporter del dott.rag.Visco, tutto sommato sono facce della medesima medaglia.
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Senescenza? |
Non riuscendo a inserire un commento presso il mitico Ismael ("String or binary data would be truncated. The statement has been terminated"; ah l'infido Cannocchio!!), rispondo qui a cortese richiesta del suo ospite "senese" Alessandro Moroni -aka Verdefoglia.
Background per gli altri miei (due) lettori: il post di Ismael-Verdefoglia-Cardini m'era molto piaciuto e avevo commentato:
"Bella storia! Tempo fa ho avuto la ventura di vivere una settimana di full immersion nel Palio - prima durante e dopo - alle calcagna di un amico contradaiolo; mi ci ritrovo in pieno nella splendida descrizione che Cardini dà di quel clima passionale frenetico che ti prende al diaframma, contradaiolo o meno che tu sia. (..)
Due flash in particolare porto sempre con me di quell'esperienza: la tensione in Piazza che si taglia col coltello, mentre i tamburi rullano e si attende l'ingresso dei cavalli; le imposte chiuse e il silenzio tombale con cui, quella notte, la Contrada perdente subiva gli sfottò degli acerrimi rivali vincenti ai suoi confini".
Seguiva domanda di Verdefoglia:
"Per la serie "facciamoci del male fino in fondo": abr, mi identifichi con precisione la circostanza della tua partecipazione? Anno, mese e Contrada vincitrice ... Non vorrei, dato sì che le Contrade con Avversaria confinante non sono ormai più tantissime e che non molte tra queste hanno vinto un Palio nell'ambito degli ultimi 10 anni, che fosse stata proprio l'occasione in cui mi ritrovai tra i "ripurgati"...
In altri commenti nel frattempo la discussione dilagava ben oltre la mia autobiografia da due soldi, per cui ne approfitto per dire la mia anche su temi "socio-politici".
Ecco quello che sarebbe stato il mio commento(ne):
In risposta a Verdefoglia, per la cronaca correva l'anno 1986 (oltre vent'anni fa, Dio come passa il tempo), Palio dell'Assunta; ero ospite di un contradaiolo della Lupa, che da allora sta nel mio cuore (la Lupa, non il contradaiolo).
Era un Palio speciale per la piccola contrada: avevano preso in prestito dall'Oca il mitico fantino Aceto e c'era molta eccitazione in giro, ma la carriera si rivelò deludente: in una delle curve Aceto fu sbalzato e cadde (o si buttò, qualcuno adombrò in Contrada). Vinse il Drago che - se sbaglio mi corigerete - non è rivale della Lupa; sottolineo a scanso di equivoci che comunque non sono uno jettatore: poco dopo - 1989 - VIDI la "mia" Lupa vincere!
Sia come sia quella sera tardi dopocena, ringuattato in un androne di via Vallerozzi, assisto dal vivo alla scena madre: sopraggiunge un gruppettone di giovanotti vocianti che trascinano un carretto pieno di letame fino all'Arco e lo rovesciano giù per la via della Contrada, aspergendolo di "Aceto" (..) nel silenzio tombale della via a imposte tutte barrate. Mi si disse fossero dell'Istrice; non so se sia confinante, ma da allora so che a Siena la sonora sconfitta del rivale vale forse quanto una vittoria. Scena indimenticabile comunque per l'antropologo dilettante che è in me, mi mancava solo il caschetto coloniale in testa. :)
Battute a parte, massimo rispetto per un processo di recupero storico che si fa identità comunitaria forte, addirittura esasperata al punto di prendere l'aspetto del detto beduino: "il fratello contro il fratello, il cugino contro il cugino, il clan contro il clan; tutti assieme contro lo straniero".
Identità che implica smodato amore per la propria terra e comunità e porta qualità della vita: in certe parti del Sud infatti non hanno capito che essa è legata non a quanto ricevi, ma al contrario a quanto di te dai alla tua Comunità. Siena è difatti molto "pulita", nonostante tutto quel turismo in giro c'è poca droga e ambulanti extracomunitari (almeno ai tempi in cui la frequentavo).
Ero arrivato al punto di riflettere, quando ci bazzicavo spesso (in Toscana): che il socialismo abbia trovato laggiù la "pietra filosofale"? Riescono a vivere a così alto livello, in armonia bucolica con l'ambiente e la comunità, senza dannarsi individualisticamente per intraprendere e competere come ad esempio in Veneto (pieno di tutti quei capannoni poi)...
Ho capito poi che sotto c'è un barbatrucco: il modello socio-economico tosco umbro in generale (che è anche quello senese) - lo definirei "la via autarchica al socialismo" - non è in grado di auto sostenersi.
Non esiste posto al mondo che possa campare solo di turismo, "slow food" e una Banca; i soldi "veri" devono arrivare da altre fonti, sennò a Siena ci sarebbero le baracche come a Thaiti, Antigua o Maldive. Questi soldi a Siena o alla Tosco-Umbria in genere, non arrivano dall'industria manifatturiera in via di estinzione, dal terziario più o meno avanzato o dalle rimesse degli emigrati; inoltre non è vero che i maggiori datori di lavoro a Siena siano il MPS e il turismo.
Come in tutto il resto della Tosco-Umbria, circa LA META' degli abitanti dipende direttamente da stato e parastato (Asl, Ispettorati, Polizia, Magiatratura, assessorati, Musei, Enti etc.) o lavora per essi (appalti, artigiani, laboratori, mense, consulenti etc.).
Dato che le uniche Regioni italiane che diano allo stato più di quanto ricevano sono Lombardia e Veneto, risulta che il modello apparentemente "autoarchico" è in realtà eterofinanziato. Fin che dura ... ma quassù, come disse Forrest Gump, saremmo un po' stanchini.
Inciso: concordo che l'ideologia c'entri poco con il modello centro-italico descritto. Dalla Romagna giù fino alla Tuscia, la mia opinone è che il Partito (Pci, poi Pds, poi Diesse, poi ...) si becchi regolarmente il 60% dei voti in quanto garantisce una gestione della Poleis che supporta il modello economico "pseudo-autarchico" sopra citato. Quattro sono le caratteristiche necessarie (e forse anche sufficienti):
- statalismo (eterofinanziamento);
- pervasività (dalla culla alla scuola);
- corporativismo: lavoratore, datore di lavoro e impiegato statale, tutti assieme appassionatamente nel Partito (e ai piani alti, tutti col Grembiulino);
- localismo: se non sei dillà o non hai un socio locale, scordati di far business; col sorriso, ma ti chiudono tutte le porte fin che non togli il disturbo.
Sotto questo profilo anche il fascismo avrebbe le carte in regola, e infatti da quelle parti ai tempi "garbava parecchio". Offriva il "plus" del culto per il menar le mani, quello però che si esalta fin che c'è da "purgare" o scazzottare, non lo spirito realmente guerriero alla Braveheart.
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Aria calda ma non troppo |
Purtroppo per gli "scienziati" tengo-famiglia e per il mainstream giornalaio - nonchè per gli albergatori - contrariamente al SouthEast Usa, quaggiù agosto non sta seguendo luglio nelle temperature. Per cui ormai è andata, il 2007 non potrà battere il record di anno più caldo del millennio.
Niente paura comunque, le certezze sci-sci-scientifiche della Cupola del Global Warming già ci informano che la fiesta è solo rimandata al 2009. Loro già sanno, tengono i modelli ma-ma-matematici ...
Sono abbastanza anziano da ricordarmi bene di Carl Sagan, pace all'anima sua, e altri coi loro "raffinatissimi modelli matematici" per dimostrare la tesi, poi rivelatasi fake, del "Nuclear Winter"; andava tanto di moda prima del crollo del Muro. Tanto terrore del freddo, ricordo, si leggeva negli occhi dei manifestanti "per la pace" (sovietica), fratelli maggiori degli sbandieratori arcobaleno attuali, contro il dispiegamento dei missili Cruise Nato a Comiso e altrove (by the way, probabilmente la singola azione più decisiva per il successivo crollo dell'Impero del Male).
Ora invece il mainstream sc-scientifico giornalaio e politicante corretto induce la ggente a temere il caldo più del freddo - per scucire cash pro "tengo-famiglia", per rinvigorire la sempiterna tesi Yankee go home e frenare lo sviluppo; nulla di nuovo sotto il Sole.
Danno volentieri il loro contributo anche quelli del Corrierino dei Piccoli, copycat di Newseeek (cfr. copertina recente), Times e altra spazzatura anglosassone - quando ci si mettono, sono veramente professionali in tutto. I nostri copycat invece non lo sono molto: l'effetto "copiatore distratto" si palesa quando ricordano a mo' di prova decisiva che andrà sempre peggio che il 1998 è stato l'anno più caldo del secolo, Nasa dixit.
Peccato che quest'ultima sia stata recentemente costretta a rimangiarsi il "fatto" nel silenzio assordante di tutta la Comune giornalaia e sc-sc-scientifica: l'anno più caldo nei registri (Usa) non è il 1998 ma è stato il 1934, e 5 dei dieci anni più caldi sono capitati prima della seconda guerra mondiale.
I grafici eran venuti "male", pensa te, apparentemente per un bug Y2k nei programmi. Lo stesso problema (matematica "forgiata" ad arte o semplicemente male applicata) affligge il grafico rampante ("hockey stick") della correlazione tra emissioni di CO2 umane e innalzamento della temperatura, che rappresenta l'autentico Holy Graal della Tavola Rotonda sc-sc-scientifica barricata attorno al GW e al suo Profeta Al Gore.
Chi lo dice adesso ai copycat di via Solferino?
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If you love somebody, set them free |
[Il titolo serve anche a ricordare ai giovani degli anni '80 come il sottoscritto che è iniziato da Vancouver il tour mondiale dei Police, saranno a Torino in ottobre!]
Bella sorpresa trovare persino su Repubblica spunti interessanti. Merito di una riflessione di Beniamino Placido, uno sicuramente non meno intelligente di Antiseri (sia detto con lieve sarcasmo):
" ...la Creazione, momento ovviamente importante nella cosmogonia di tutti i popoli: quando siamo nati? Come è venuto fuori il mondo? Come avviene la Creazione? Anni fa ne ho letto una definizione bellissima di non so più quale teologo: «Dio crea l´uomo come il mare crea la terra: ritirandosi». Vale a dire: Dio crea l´uomo «abbandonandolo». Perché solo abbandonando, solo ritirandogli dal capo la sua potente - ma anche opprimente - protezione gli consente di esistere. A suo rischio e pericolo, s´intende".
Stiamo parlando della Creazione da un punto di vista filosofico indipendente dalla Religione, alla ricerca di come l'uomo concepisca sè stesso, non di come effettivamente e materialmente sia apparso; ho trovato questa immagine del "ritirarsi" molto bella e coerente con antiche riflessioni personali.
Non trovo questo "abbandono al nostro destino", il "ritirare la Sua potente protezione dal nostro capo" una banale spiegazione dell'esistenza del Male. E' piuttosto la radice del concetto di libero arbitrio - Dio lascia l'Uomo libero di scegliere il suo bene e anche il male, scientemente e non solo per ignoranza.
'Sta cosuccia apparentemente banale e scontata, la libertà di SBAGLIARE, è a mio avviso ciò che contraddistingue il Cristianesimo da tutte le altre religioni. Eclatante ad esempio è la differenza con l'Islam, che è la sottomissione DOVUTA dell'uomo alla Verità, dalla quale a nessuno è consentito recedere.
Il Cristiano autentico si presenta così: "sono un povero peccatore" (altra cosa dai Portatori di Verità con V maiuscola); in questo è diverso anche dal laicista, secondo il quale, diciamolo, chi sbaglia (ad esempio credendo) è uno stupidotto, al più un disinformato, un prigioniero di illusioni consolatorie.
Tale libertà di scegliere e anche di sbagliare è l'effetto dell'irruzione della Volontà del singolo nell'impianto filosofico Classico, fondato sulla Ragione (che di per sè tiene in poco conto l'Individuo qualsiasi), e costituisce la radice di tutti i diritti individuali: ovviamente alla libertà in senso lato, alla vita (ne ha diritto anche chi sbaglia: grande differenza con il classicismo), a cercarsi la propria felicità etc.etc.
E' una sorpresa che Umanesimo, Liberalismo e approccio Scientifico (altra cosa da "scoperte"), cioè le più alte conquiste dell'Umanità ad oggi, abbiano potuto nascere e svilupparsi solo in un contesto Cristiano? Contesto non solo filosofico ma anche "ambientale": i Monasteri, le Universits Studiorum i Gesuiti etc.etc.
Non è stato per caso. Il contrasto anche profondo tra scienza e fede, tra rami che salgono e radici che spingono verso il basso non significa assenza di parentela stretta, è una relazione definitivamente di causa effetto. Dopotutto qualsiasi figlio si emancipa anche brutalmente dal padre, si deve "separare per essere"; ma chi sia suo padre, cioè da alla fine da dove arrivi, nessun figlio degno di questo nome lo può negare, pena il disconoscere una parte di sè.
Tale libertà di sbagliare riconosciuta all'Uomo è anche una sorta di anticorpo che il vero Cristiano possiede contro il Fondamentalismo; come ogni anticorpo, non sempre è bastato a scongiurare infezioni anche gravi (la Religione dopotutto è umana ed è stata mezzo di potere), ma ciò non ne mette in discussione la presenza; ben si vede cosa succede in ambiti ove tale anticorpo non sia geneticamente presente (Islam stesso, ma anche l'Induismo).
Continua Placido:
"Quale sorpresa rileggere la Genesi per scoprire che persino qui, proprio qui, la creazione è presentata come un´esperienza di divisione, di separazione: fra la luce e le tenebre, fra le acque superiori e quelle inferiori (..) Ogni creazione è una separazione, ma nella Bibbia abbiamo una divisione non solo tra gli elementi, ma anche tra Dio e il mondo.
E´ un punto, questo, estremamente importante. Che si riproduce, si ripresenta, quando Dio Padre abbandona, appunto, suo figlio sulla croce. «Signore, perché mi hai abbandonato?», dice Gesù. Il Padre avrebbe potuto, dovuto, rispondere: «ti ho abbandonato per farti esistere. Ed operare nel mondo». (..)
Chi ha, chi ha avuto, dei bambini, lo sa: la vera sfida del creare è nell´abbandonare. Nel ritirarsi. A vantaggio della creatura. Per farla esistere".
Se vuoi che tuo figlio cresca, si sviluppi, esista ed operi, lo devi lasciar libero; questa è la lezione suprema che l'Identità Cristiana dell'Occidente lascia al Mondo intero. La responsabilità individuale e la necessità di scegliere che ciò comporta hanno fecondato le conquiste classiche della Razionalità; è la lezione che ha consentito all'Umanità le più grandi conquiste già elencate.
A.De Saint Exupery scrisse al proposito: " Ciò che fa grande la mia Civiltà è che cento minatori hanno il dovere di rischiare la loro vita per salvarne uno intrappolato; nella fredda contabilità della Ragione ciò sarebbe abnorme e assurdo; sfugge che non stanno correndo in aiuto del singolo, essi salvano l'Uomo che egli incarna".
Sin qui la mia riflessione sugli spunti di Placido, tesa a esporre i perchè del mio profondo credo identitario che vede nella sintesi di radici Classiche (Razionalità) e Cristiane (Volontà, Responsabilità Individuale) le due gambe fondanti di tutta l'Eredità Occidentale, quella capace di produrre i Diritti dell'Uomo.
E' una riflessione che a mio modo di vedere prescinde dalla religiosità individuale (che rimane un atto di Volontà); dove invece essa entrerebbe prepotentemente in gioco è considerare se e come Dio intervenga nel Mondo.
Qui personalmente sospendo il giudizio; Placido conclude:
"(..) C´è, mi sono chiesto, un modo di ritirarsi e di abbandonare, che sia al tempo stesso essere presente, ma in disparte, acquattato, sempre pronto a intervenire? E´ stato allora che mi è venuto in mente Salinger. E mi sono ricordato de “Il giovane Holden”. Ovvero - titolo originale – “The catcher in the rye”. Già, the "catcher": colui che acchiappa chi sta cadendo".
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Perchè tanto odio? |
Era il sottotitolo delle strisce di Edika, eccessivo e scorrettissimo cartoonist francese, ospitate su Totem o Fluide Glacial; me l' ha ricordato questo stimolante post del gemello Master facendomi riflettere su noi italiani; già dalla figura si capisce il perchè.
Parto subito dal mio punto: le vacche assetate del post del Master si sistemerebbero più facilmente se si dibattesse di meno e si eseguisse di più.
In Italia purtroppo si concepisce la Poleis più come la piazza per le ciacòle, gli schieramenti ideologici e le baruffe, che non quello che filologicamente è, cioè una sorta di Condominio in cui tutti si vive.
Più dei gran principii (ognuno badi ai suoi nel suo privato, già è difficile così) servirebbe più pragmatismo e attenzione ai fatti concreti; bando a chi tenti di complicare le cose semplici per approfittarsene, bando alle vane ideologie astratte, ai vittimisti e alle minoranze becere e starnazzanti.
Da noi invece si deve ri-discutere tutto, sempre, nonostante una produzione legislativa mille volte superiore a democrazie esistenti da centinaia di anni prima della nostra; e ci tocca pure sentire che quello che ci manca sarebbero "le Rregole" (con erre rinforzata alla sicula...).
Da noi si perde tempo tra chiacchiere e scontri ideologici non mai per risolvere i problemi, chiedere ai campani, sommersi quasi più dalle chiacchiere sulle loro immondizie che non dalle stesse.
Da noi i politici più fondi dirottano verso i loro territori senza una logica più bravi si sentono e la gente li applaude; a casa mia la sottrazione di risorse comuni si chiama furto con destrezza, chi la compie è un ladro e chi ne tragga vantaggio, povero disoccupato padre di famiglia che sia, è un ricettatore, punto e fine delle trasmissioni.
Ecco forse perchè si guarda così spesso e volentieri all'estero, è forse la ricerca di una boccata d'aria non viziata. Anche lì però le genti italiche non si limitano a guardare per imparare, indossano gli occhiali colorati; un esempio è il Governo allestito da Sarkozy, ancora deve iniziare e già ognuno ci legge quello che gli piacerebbe.
Tutti "tirano la giacchetta" a questo esponente del pragmatismo a-ideologico così tipico delle destre sin dai tempi di Reagan. Abbiamo recentemente denunciato analogo tentativo autolesionista ( molto sostenuto dal mainstream media) di tirar per la giacchetta anche Giuliani, verso rigidità idealiste sui diritti civili che non appartengono al personaggio.
In mezzo a contanto provincialismo diffuso, capiamo la posizione, intellettualmente onesta ma difensiva, di chi affermi: "Noi siamo diversi" e quindi dobbiamo scovare una "via nostra".
[Inciso: quella è la classica frase del prospect ostile al cambiamento, a chi gli abbia illustrato insindacabile e pertinente caso di successo. Fine inciso]
E' chiaro che siamo diversi, ma visto che è indubbio che non siamo più avanti di altri, un po' di sano e moderno benchmarking sarebbe d'aiuto ... non si può sempre aver il tempo per reinventare la ruota, prendiamola e adattiamola piuttosto al nostro terreno.
Il motivo per cui propendo a sporgere lo sguardo fuori è insito nella mia risposta alla domanda iniziale: Perchè tanto odio? Qui torna utile il vignettista francese.
Edika descrive nelle sue strisce una "urbanità" (gente più animali domestici associati) abnorme, dagli atteggiamenti borghesi ma dalle aspirazioni edoniste pecorecce; il tutto reso mediante fisiognomiche sfigate, specchio di istintività sordide, furbetterie e assenza di valori profondi. Un popolo di Pierini insomma, coi cani che come sovente accade assomigliano ai loro padroni.
Tutti fingono di rispettare tutti, conclamando la loro "correttezza", i loro "sacrosanti diritti", la validità profonda e universale delle loro evidenti e intelligenti posizioni; la realtà è invece che tutti fanno quello che je comoda, concupendo, conculcando e usando - o tentano di usare - gli altri; il risultato finale è che tutti disprezzano e diffidano di tutti.
Sarà anche francese 'sto Edika, ma non vi pare un quadro nemmeno tanto esagerato della mentalità italica corrente?
Quell'Umanità varia e avariata che da noi s'affanna s'intruppa s'incazza, sempre tutti contro tutti, in particolare tra "vicini" (d'alloggio, di fila o di campo ideologico) come ai tempi dei Comuni e delle Signorie.
Un popolo di tifosi, accomodati al bar a leggere i (i titoli dei tele-)giornali, il cui unico sport attivo praticato è il commento e la chiacchiera pettegola, vana e faziosa.
Già ai tempi dei Grand Tours en Italie sapienti stranieri ci descrivevano come "un popolo di morti", "gente che vorrebbe campare esponendo i cadaveri degli avi" (Joyce); anche Stendhal, grande innamorato dell'Italia, sollecitava gli amici a visitarci prima che fosse troppo tardi: "la popolazione diviene sempre più chiusa e diffidente ogni giorno che passa". Erano i primi dell'Ottocento, figurarsi fosse passato adesso ... but pliiis, visit Italy ....
Con questo panorama umano che abbiamo di fronte, riemerge in me l'antico apprezzatore del Kipling-iano "Fardello dell'Uomo Bianco"(è il nome che si dava nell'Ottocento al concetto "esportare la democrazia"). Nei confronti dei popoli non in grado di gestirsi le loro Poleis da soli, altro che Federalismo, sarebbe del tutto opportuno un po' di sano COLONIALISMO.
Ci so' parti dell'Italia dove si rivota senza problemi gente che all'estero dovrebbe fuggire lontano per salvarsi, come tutti gli amministratori campani e laziali senza eccezioni (casi spazzatura e deficit stellare delle Asl ripianati rubando i soldi degli altri meno spreconi). Come si dice, chi non fa parte parte della soluzione è parte del problema. E andrebbe "risolto".
Lasciate perdere, sto esagerando; sono solo vagheggiamenti da vecchio nostalgico (intendiamoci bene, dell'Austria-Ungheria o della Serenissima); esagerazioni a parte, credo che abbiamo un grosso problema nazionale rappresentato dalla "ggente", che si fa rappresentare da chi più gli somiglia.
Il ruolo della Destra in questo scenario a maggior ragione dovrebbe essere quello che le appartiene da sempre: evitare di farsi risucchiare per reazione in ideologismi e idealismi contrapposti ad altri - ismi, quelli li si lasciano alle sinistre tutte e ai Democratici di stampo Wilsoniano. Rifiuto di "volare alto" con gli ideali, rifugio in un cinico e antipolitico riduzionismo alla "buona amministrazione" ? Per come siamo ridotti sarebbe comuque un buon inizio, non so voi ma sarei un po' stanchino di prese per i fondelli, non si dimentichi mai che la "buona politica" è prima ditutto "buona amministrazione" e viceversa. Per un Paese come il nostro infognato nelle -ismi e affollato di tifosi, al limite è pertinente alla destra anche l'anti-politica dei momenti più alti e esaltanti del Berlusconismo; a tal proposito, qui lo dico chiaro e forte, viva Michela Vittoria Brambilla tutta la vita e abbasso chi parli di "democrazia dal basso" per giustificare immeritate cadreghe via controllo delle tessere.
Non si deve dimenticare che cifra del Conservatore classico, da Thatcher a Reagan, non è la difesa passiva dei valori, non è la nostalgia o l'immobilismo; il conservatore è ben conscio che l'unica costante del mondo è il continuo cambiamento, molto di più di chi viva rimembrando i fasti della classe operaia in Paradiso; essere Conservatore è piuttosto una questione di approccio: usare un sano, a volte sbrigativo e rude pragmatismo col buon senso come bussola, al posto dell' idealismo dalle lodevoli intenzioni, ma che s'imbroglia appena metta la Ragione, qualsiasi Ragione, davanti all'Uomo.
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Divagazioni sulla diversity |
. .. E quindi va bene così:.. forse ha vinto il paese cui mi sono votato. Un paese verde e sperduto. Troppo spesso perso. Proteso all'infinito. ... C'è talmente tanta terra che non c'entrano le persone. E' in questo vuoto che l'Impero ha imparato la propria vocazione coloniale. Gli infiniti del nuovo mondo, l'America, l'Africa, l'Australia, l'India, dove questo piccolo popolo ha portato la civiltà, sono la riproduzione in scala della Scozia. Non potevano certo prendersi paura dell'oceano e del vuoto all'orizzonte, questi protestanti coraggiosi cresciuti all'ombra delle Highlands.
Volevo commentare compiutamente questo splendido post del Coopetitor: lo trovo una profonda comprensione, una lirica esternazione del diritto di ogni popolo ad auto-preservare la propria diversity, diritto che a mio avviso viene prima di quelli delle masse e udite udite, anche di quelli dell'individuo.
D'altro canto la sensibilità moderna ha colto l'importanza di preservare la diversity ecologica, considerandola giustamente la vera ricchezza del Pianeta; un po' alla volta si arriverà a considerare decisivo anche il preservare e valorizzare le diversity umane, senza limitarsi alle tribù del Papua o dell'Amazzonia perchè fa tanto fine e non impegna.
Sulla scorta delle conclusioni scientifiche di Ernst Mayr, biologo degli anni '30 e '40, Nullo generalizza e sintetizza così il senso delle riflessioni sorte tra le Highlands: la specie come comunità riproduttiva invece che come insieme di somiglianze.
L'argomento è interessante per me per Nullo e forse per altri tre; ne approfitto per stendere alcune divagazioni sul tema, in poderosa evoluzione grazie al recente decollo della paleo-genetica.
Tanto per cominciare, "specie" è termine tecnico della biologia, identifica una popolazione capace di riprodursi al suo interno (inbreeding) ma non all'esterno (interbreeding), sia pur con popolazioni molto simili.
Ovviamente gli scozzesi non sono una "specie"; non lo sono neppure i Koisan del Kalahari o gli aborigeni australiani, per citare due gruppi umani tra i più "diversi" da tutti gli altri. L'Umanità intera è infatti rimasta una singola specie, tutti gli individui (di sesso opposto) possono potenzialmente riprodursi con tutti, nonostante l'abnorme numero di Umani al mondo.
Questo rappresenta un paradosso del darwinismo classico: la teoria si basa su un "motore" - il processo selettivo naturale - che è statistico, per cui le diversificazioni e quindi la probabilità di generare nuove specie dovrebbero crescere all'aumentare della popolazione.
Il processo selettivo è anche continuo, dovrebbe generare quindi un continuum di individui lievemente diversi tra loro e molto diversi alle estremità della catena; invece si osserva in natura che l'evoluzione produce specie ben distinte e non "anelli di congiunzione".
Tale paradosso darwiniano resistette inspiegato (fase "normal science" secondo la definizione di Thomas Kuhn?) sino agli anni '40, quando il biologo-etologo tedesco Ernst Mayr teorizzò come si fòrmino le specie. Quando una popolazione rimane separata dal suo gruppo originario, spiega Mayr, progressivamente evolve tratti e caratteristiche che portano le due popolazioni, quella separata e quella originaria, a diversificarsi sino al punto di non essere più reciprocamente feconde. E' l'isolamento insomma a generare nuove specie, il cui proliferare - "speciation", non quello del singolo individuo mutante, è causa del continuo progresso evolutivo.
Prima, importante considerazione: la specie non l'individuo è oggetto della selezione e quindi protagonista e "finalità" della lotta per sopravvivere ...
Torniamo agli umani; oggi sappiamo che "Adamo" (il progenitore comune, o meglio il clan parentale il cui patrimonio genetico è la base di quello di tutta l'Umanità vivente) risale a circa 70.000 anni fa; parte di quel clan (poche dozzine di individui) uscì dall'Africa raggiungendo l'Australia via Arabia-India-Indocina circa 50.000 anni orsono. Una successiva fuoriuscita dall'Africa via Medio oriente colonizzò l'Asia Centrale, per raggiungere poi la Cina l'Europa e ancora più tardi (10-15.000 anni fa) Americhe e Polinesia.
Numerosi probabilmente furono gli incontri e le sovrapposizioni tra queste popolazioni nomadi di cacciatori-raccoglitori, anche prima delle migrazioni e invasioni delle epoche storiche successive; rimane da spiegare il fatto che le 1.500 e forse più generazioni di Australiani - i più a lungo isolati di tutti - succedutesi prima dell'arrivo degli europei laggiù, non siano stati sufficienti a renderli "specie" a sè ...
Si sa infatti che anche tra gli umani qualche migliaio di anni cioè qualche centinaio di generazioni sono sufficienti per "radicare" i cambiamenti genetici, che continuano a tutt'oggi.
La mia personale ipotesi è che aldilà dell'isolamento, un fattore precipuamente umano, la cultura, abbia giocato un ruolo importante nella "conservazione" della Specie durante l' isolamento. Il fattore culturale ha il medesimo ruolo ("conservatore") anche in fase di incontro con altre popolazioni - fatto che almeno in Europa avviene ininterrottamente da quando ci siamo arrivati, c'erano già i Neanderthal prima di noi. In tale contesto di incontro (e perchennò di scontro) di culture, la "conservazione" preserva non l'Unità di Specie ma quella del Gruppo e quindi la sua Diversità.
Una delle "carte" culturali che scendono in campo sin dagli albori dell'Umanità è l'obiquo tabù dell'incesto, nelle sue diversissime estensioni; il suo effetto è infatti stimolare lo scambio (o il ratto) di donne tra clan diversi, senza necessariamente riunirli o fonderli culturalmente. Secondo Claude Levi Strauss quel tabù è addirittura LA struttura fondante dei clan parentali e quindi delle Società; in ogni caso esso spiega bene la funzione della cultura, al contempo stimolo per uscire dall'isolamento e struttura "conservatrice" della diversity.
Preservare la diversità: è stupefacente notare ad esempio che, nonostante le invasioni le migrazioni e quant'altro, si stimi oggi su base genetica che l'80% della popolazione britannica discenda dagli abitanti Paleolitici di tali aree; alla faccia dei Romani dei Vichinghi e di tutti i barbari del mondo!
E' come cioè se esistessero dei sottili ma potenti meccanismi culturali che rafforzano quelli statistici (le masse contrapposte ai pochi "estranei") e spingano al "riassorbimento" del diverso nel tempo, da un punto di vista e culturale e pure fisiognomico.
Il che, badate bene, non vuol mai dire chiusura totale o rifiuto dell'incontro con "l'altro"; l'agricoltura ad esempio arrivò in Europa da sudest SENZA essere accompagnata da poderose migrazioni, come erroneamente si credeva sino a pochi anni fa: dev'essere arrivata per via culturale, tramite scambi, o forse rubata, oppure portata da pochi "champions" assorbiti dalle popolazioni preesistenti.
Pensiamo ora a Woopy Goldberg: ha scoperto dall'esame del genoma che un suo bis bis nonno era un bianco, come del resto almeno il 30% degli afroamericani; lo immaginereste mai vedendola? Evidentemente i figli mulatti "ancillari" di quel piantatore schiavista si unirono successivamente a neri del loro ambiente e dopo qualche generazione "il diverso" era stato "riassorbito" e "normalizzato". Stessa identica cosa per cromosomi "black" identificati tra britannici "white".
D'altro canto, cosa è l'invenzione alto-medievale della "nobiltà", se non il tentativo - fallito - di preservare il sangue e l'identità valoriale dei popoli germanici, immersi nell'oceano numericamente prevalente dei popoli preesistenti conquistati?
Raccontavo tempo fa del mito NeoGlobal (ci sono anche questi, sovente coincidono con i NoGlobal) di una Umanità omogeneizzata, priva di razze e culture se non social-democratiche, in cui si passi dal multiculturalismo alla "Tigerwoods-izzazione". Peccato che il figlio stesso di Tiger che nascerà tra poco smentisca tale assunto, per i medesimi motivi per i quali Woopy "sembra" il prototipo della nera al 120% : a valutare il "gene pool" dei genitori, più che al padre probabilmente somiglierà alla madre ...
Invece che di "comunità riproduttiva" parlerei di "comunità culturale", che non fa "Specie" nel senso teorico del temine, ma differenzia la gente sulla base di valori molto importanti, da preservare attraverso le generazioni (quella strana, preziosissima e insostituibile roba che si chiama Identità, chiedere agli abitanti delle Outer Island in caso di dubbio ).
In conclusione, l'isolamento per l'Uomo è stato scardinato sin dagli albori dalle sue comuni basi culturali irrequiete, fatte di tabù (incesto) e di ricerca di opportunità migliori; a causa di questo i popoli fanno da sempre interbreeding, cioè si vanno a cercare il "mate" riproduttivo lontano, e questo gli ha impedito di "speciarsi" ulteriormente; la medesima spinta culturale irrequieta ma "conservatrice" ha consentito al contempo di preservare le diversity umane, culturali e fisiche, sino all'era della Globalizzazione.
E a farcele trovare ancora oggi, speriamo a lungo esattamente come le megattere; per poter gustare ancora gli altri angoli di Umanità delle Outer Isles e delle Highlands descritti da Nullo.
Grazie per l'opportunità.
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Neomedievali vs. neorisorgimentali |
Tanto per chiarire e pur senza inoltrarsi in distinguo che ci sono eccome, chi scrive è per il diritto di chiunque a scoparsi - o farsi scopare da - chiunque volontariamente ci stia; rivendica di decidere in modo assolutamente individuale se, da chi e quanto farsi curare (che pure è il contrario logico ed etico dell'eutanasia); ha una posizione realista, cautamente pro-choice sull'aborto pur in un quadro a finalità totalmente pro-life; è un antiproibizionista con iujicio.
Alla luce di questo, dichiara tutto lo sconforto per il livello dell'attuale dibattito sui pur complessi temi dell'etica sociale tra laicisti e sanfedisti, soprattutto all'interno del camp liberale (degli altri francamente ce ne infischiamo): ci ricordano i capponi di Renzo.
Entrambe le "polarità" non paiono aver afferrato infatti che le dinamiche demografiche, oltre che evidenti ragioni filosofiche e culturali, le rendono deboli se isolate l'una dall'altra. Solo una rinnovata unità nella diversità tra pensiero laico e cristiano - il vero segreto della formula applicata da più di duecento anni in America - può salvare l'Occidente e tutte le sue conquiste razionali e liberali. Affermare che un Occidente solo laico o solo cristiano esiste solo nelle fantasie di alcuni, non ci pare scoperta inaudita.
Alcuni elitari e insicuri, sedicenti maitre à penser, pur ammiratori dell'America senza averla mai capita, la vedono ovviamente in modo diverso: trovano più agevole convergere sugli argomenti etici coi socialisti, piuttosto che "con "questa destra becera e confessionale". Tutta da ridere: i primi credono di affermare diritti dell'individuo, gli altri di tutelare (una serie di) classi oppresse!
Troviamo tutto ciò non solo sbagliato da un punto di vista prospettico, ma quel che è peggio, noioso e poco razionale. Lo sconforto sale a osservare che le posizioni più emotive e intolleranti siano regolarmente appannaggio di laici. Converrete che l'intolleranza per le idee diverse e la continua rischiesta a schierarsi e sconfessare il "nemico", se mai fosse perdonabile per chi nutre una Fede assoluta, sia del tutto ingiustificabile e inammissibile per un Liberale vero.
Invece spesso alcuni di questi s'auto-ingaggiano in denigrazioni di sapore ottocentesco, chiagnono per fottere, rispolverano argomenti ideologici da duellanti alla Cavallotti, affermando senza pudore: o con noi o contro di noi - o con me o sei defi.; pazienza...
Alcuni addirittura spendono le loro "certezze" appellandosi alla Scienza. Anelanti all'Assoluto al pari dei loro avversari (solo che non se ne rendono conto), la fanno diventare una guerra di religione, brandendo (come col Global Warming) le loro conclusive ricerchette, valide però come sempre solo sino alla prossima... è la Scienza, bellezza.
Ci si domanda se si rendono conto, questi strenui combattenti contro le ombre calanti del neomedievalismo, che l'ultima battaglia politica definitiva con la Chiesa risale al dì XX Settembre 1870 ...
Perchè continuare a combattere stanche battaglie di retroguardia neorisorgimentali - e quindi elitarie? Forse che mancano i nemici della libertà in giro? O che sia perchè i veri nemici da affrontare oggi fanno più paura?
Ironia della sorte laica, l'unica Chiesa di Stato in Occidente è quella ... Anglicana, si quella dei preti sposati e pure gay ... Facciamo scambio, in Uk i nostri deputati confessionali, a noi Cuius Regio eius Religio? Io ci starei ...
Qui invece, solito gran stracciamento di farisaiche vesti, ogniqualvolta un vescovo si permette di aprir bocca: tutti a usare e abusare delle sue parole. Ma essere cattolici non è obbligatorio, mica si diviene dhimmi vessabili come sotto i regimi musulmani, anzi. Se però uno proprio vuole esserlo, sia omosessuale o fidanzato o sposato non importa, allora si assume degli obblighi di ortodossia; se non gli va o come me semplicemente non ce la fa, allora se n'esca in silenzio, e pace.
Trovo ridicolo oltre che molto freudiano, questo costante tentativo di molti di adattare la morale cattolica alle loro umane debolezze. O di chi non Credente, si senta in dovere di dimostrarne a tutti i costi la disumanità. O di applicare surrettiziamente alle Verità Rivelate, oltre che alla Scienza (!), i principi della .. democrazia.
I laici nostrani dovrebbero esser contenti di aver a che fare proprio con i cattolici: dovrebbero provare a far ragionare un solo evangelico della Bible Belt. Della serie, mica i protestanti son tutti fiacchi come i valdesi...
Altre partigianerie laiche: Dacia Maraini critica il concetto di "famiglia naturale", perchè dice, la natura è brutale e selvaggia, e parla (giustamente a nostro avviso) di struttura eminentemente culturale nella sua evoluzione. Al contempo altri al contrario, con leggerezza degna di altri campi (calcistici) usano l'omosessualità tra animali a giustificazione "naturale" di quella umana ... Macchè significa? "In natura" c'è anche chi si mangia i figli o deposita le sue uova sottopelle a qualcun altro, ma questo non giustifica Hannibal the Cannibal, ci pare .. Nella realtà l'omosessualità tra animali è un gran brutto esempio: o è devianza nuda e cruda (imprinting etc.) o si configura per lo più all'interno di dinamiche prettamente sociali - ruoli di dominanza e sottomissione nel branco etc. Meglio lasciar perdere vah.
Stendiamo poi un velo pietoso sul furore di chi si autoconvince che oggi in Occidente si debba vigilare per scongiurare il rischio di "rieducazione forzata" degli omosessuali; per come siamo parati, sarebbe più credibile che siano allo studio farmaci anti omofobia...
Come afferma Zecchi i laici spesso non stanno proprio a sentire, quindi argomentano poco e male; a fare i tifosi sempre e comunque, si finisce tutti appassionatamente in curva sud...
Conclude appropriatamente Zecchi: "I nostri difensori del pensiero laico credono .. di trovarsi di fronte non al Papa ma a un curato di campagna. Le loro argomentazioni laiciste sono così banali che andrebbero sì e no bene su L’Asino di Podrecca. Si studino la filosofia ... e provino a dire qualcosa che sia in grado di confrontarsi con il pensiero del Papa".
Sveglia allora o laici, smettete di chiagne per fotte che siete la maggioranza. I vostri avversari di livello e i laici più freddi e meno "italioti" come il sottoscritto, meritano più argomenti e meno fuffa, meno accuse di medioevo e meno rigurgiti neo-risorgimentali, da vecchietti Azionisti fuori dal tempo.
Nel frattempo i veri nemici dell'Occidente e di tutte le sue scandalose libertà osservano compiaciuti le nostre divisioni, questo non ascoltarci tra noi, questo assordante negare chi siamo perchè non vogliamo ammettere da dove arriviamo.
Non conviene a nessuno, ma per primi non conviene ai laici: grazie alla forza della demografia in casa nostra, i nuovi arrivati liquideranno le conquiste liberali ben prima di far lo stesso con la Chiesa. Smettiamola di dividerci sul nulla pneumatico spinto, guardiamo in faccia la cruda vera spietata realtà , uniamo le forze Occidentali prima che sia troppo tardi. Come la potenza è nulla senza controllo, anche il Liberalismo senza radici scappa dall'America e atterra, democratico e repubblicano, nella banlieue parisienne.
PS.: Food for thoughts from a.man, as usual.
And when it rains on your parade, look up rather than down. Without the rain, there would be no rainbow.
Gilbert Chesterton (1874-1936) |
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