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Sgrigiati riformismo

Un altro intervento scritto per il covo di Charlie.
Da dove attenti e preparati red-actor han simpaticamente ripreso il vostro eroe (mica si scherza li' eh!): sarebbe stato troppo approssimativo e tranchant nei confronti di una tutto sommato equilibrata analisi del pestaggio mortale di Verona, apparsa su quelle colonne (vedere commenti al post precedente).
Il punto sarebbe, tsk tsk, che dovremmo finalmente smetterla di pensare agli attacchi politici, desta e sinistra basta, dopotutto le elezioni so' finite.
Nella realta' l'intenzione nostra era di sottolineare non tanto ipotetici squilibri politici del post, quanto a nostro avviso le banalita' politically correct dell'analisi; ma tant'e, se ce lo dicono quelli che han studiato ... Le elezioni so' finite, la vita dopotutto deve andare avanti, dovremo farcene una ragione; mica possiamo rimaner con la testa sempre li' a elaborare quel ... trionfo :)
Salvo essersene venuti poco prima come se niente fosse, a richiederci il parallelo che segue sulla sconfitta elettorale delle sinistre inglesi e italiane. Ecchealla', elezioni elezioni e ancora elezioni. Allora tutto il nostro sforzo auto terapeutico e rieducativo va a farsi benedire, ma insomma!


Sgrigiati riformismo
di Abramo Rincoln (abr)

L’analisi della disfatta della sinistra italiana e inglese inizia dai colori della leadership proposta. Per poi toccare molti punti in comune: dalla sicurezza alla politica fiscale.

Finalmente la sinistra italiana insegna qualcosa ai laburisti inglesi” è più o meno la battuta che Jena attribuisce a un raggiante Veltroni informato del tonfo della sinistra britannica alle elezioni amministrative del primo maggio. Di fatto due diverse gradazioni del riformismo ai margini del Continente (ai margini l’una per geografia e scelta, l’altra per geografia e incapacità) perdono in modo nettamente similare il favore della gente. Mentre l’analisi dei perchè puntuali la lascio agli esperti - il rugby è una delle poche cose che conosca di lassù – trovo ci siano istruttivi elementi comuni da sottolineare nelle due sonanti sconfitte parallele.

IL COLORE DEL LEADER - Prima di tutto c’è il concetto di leadership: la sinistra possiede storicamente una solida tradizione di scelta di oscuri funzionari, di frugali, indefessi, poco appariscenti e inflessibili travet. La primazia spetta al Partito, quindi ecco “emergere” i Gomulka, i Togliatti, anche Berlinguer stesso - severo e pessimista quanto un vecchio gesuita. Di acqua ne è passata sotto i ponti, ma come non paragonarli al grigiore inflessibile del “governo serio” di Prodi e all’altrettanto grigissimo Gordon Brown, travolto dalla crisi economica come un fuscello? Come il carisma di Veltroni: alla prova dei fatti nun ce stava, tutto ‘na finta, “sotto il vestito niente”, anche in casa a Roma.

QUESTIONE DI CARATTERE - Quando invece la personalità c’è, a sinistra son dolori: con quanta insofferenza è stato vissuto il carisma decisionista di Tony Blair? Sia pur vincente ed efficace per dieci anni, non importava nulla, era un traditore. Vogliamo mettere Ken Livingstone il Rosso, mutatis mutandis un Bertinotti inglese da otto anni sindaco di Londra, nei confronti della ventata di nuovo del vincente Boris Johnson il gaffeur quarantenne, giornalista di successo, una sorta di Buttafuoco, di Facci con la voglia di lavorare? Con quello slogan scorrettamente berlusconiano: “votare conservatore fa venire il seno più grosso alle mogli”. E’ bastato corroborare le idee di Boris con i consigli di qualche spin doctor elettorale, è bastato capitalizzare gli errori di presunzione dell’avversario, rassicurato dallo specchio delle loro brame – il mainstream media – di essere i più belli del Reame. E’ bastato ai Conservatori strofinare la Lampada del Genio, gettata tempo fa dalla sinistra: ascoltare la ggente, entrare in sintonia con i bisogni, i desideri, le paure. Roba concreta che se magna, basta sbornie ideologiche pacifinte.

E LA GENTE SE NE VA… - E si arriva all’altro errore sistemico che accomuna le due sconfitte riformiste: il concetto della politica che deve guidare le masse verso un bene intravisto per primo dalle “avanguardie” e poi diffuso tra gl’inconsapevoli. Ken il Rosso in otto anni ha rivoltato Londra con effetti non del tutto negativi ma neppure così positivi e popolari come riteneva. Mentre lui pensava alle congestion charge e agli autobus snodabili, mentre consentiva ai servizi segreti cinesi di “bonificare” il percorso della fiaccola olimpica, trascurava tra l’altro le gang giovanili e la sicurezza (già sentita questa?). Quando ti picchiano o ti scippano, t’interessa assai apprendere che a Enschede o in Curlandia stanno peggio: ci si sente presi per i fondelli dal “fattene una ragione, tu non fai statistica e io ho altro a cui pensare”. Tale visione miope, pigra, cinica, elitaria e finalistica della politica spiega il progressivo distacco della gente, che zitta zitta appoggia chi si radica sul territorio invece di andare in tivvù (anche questa già sentita?).

I LEIT MOTIV UNIVERSALI - Se la sicurezza pesa a livello locale, in generale i governi riformisti hanno avuto in comune con noi una insensata politica fiscale. In Italia la politica che ha strozzato sul nascere ogni possibilità di ripresa economica l’hanno chamata “lotta all’evasione”; si è rivelata un’occhiuta vessazione dei già controllati, una accurata spremitura dei già spremuti. Anche Gordon Brown ha deciso di tagliare lo scaglione più basso di tassazione (10%), misura evidentemente più pesante per i redditi bassi; tutto quello che ha saputo balbettare contrito dopo la sconfitta è che andrà avanti. L’unica sua concessione sul piano fiscale è che ci penserà prima di inserire una ulteriore tassa sui rifiuti non riciclabili. Notare la differenza d’approccio: Boris Johnson pensa invece di introdurre nella sua città un piano di incentivi per agevolare il riciclaggio: chi differenzia riceverà bonus per l’acquisto di generi alimentari. Misura “populista” o sano buon senso opposto a stanchi approcci vessatori?

Insomma, i riformisti di ogni dove hanno problemi molto simili: dovrebbero provare a sgrigiarsi, impiantarsi un Amplifon e scendere più spesso dal pero. Se possono. Altrimenti pace, aspetteranno.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Guarda che in Curlandia stanno benissimo sotto quell'aspetto.
Sculaccia un po' la fonte Ing.

;-)

Abr ha detto...

E Enschede? Ridente e tranquillissima cittadina olandese? Ho capi' che ci vivi vicino, ma per "Curlandia" in gergo aulico, intendesi "luogo sconosciuto, remoto, vagamente fantomatico".
Dai che c'eri arrivato anche se "ce l'hai piu' grosso" (di quello di S&P?) :)

Anonimo ha detto...

Sei troppo aulico per essere un ingegnere.
Confessa che hai fatto il classico....

:-D

Abr ha detto...

La parte classico aulica della mia formazione deriva dal periodo in cui frequentavo lo scientifico e suonavo il piano in un bordello. ;)

Anonimo ha detto...

I soliti pregiudizi sugli ingegneri..! ;-)

Condivido quello che dici qui e, per la verità, pure molto di quello che scrivevi nel post precedente. Nel merito dell'articolo di Yoshi sei stato un po' ingeneroso, ma l'inquadramento generale delle tue osservazioni era ineccepibile: se domani mi becco una multa per eccesso di velocità, bisogna forse ammettere che Forza Italia - con tutto quel parlare di "libertà" licenziosa" - incita a correre per strada? Ciao!

Abr ha detto...

Tnxs Ismael.
Sul post precedente: quasi tutti mi hanno rimproverato la nettezza del giudizio salo poi esser d'accordo con me nel merito.

Ho volutamente "usato" il post dell'incolpevole Buraku per stigmatizzare un aspetto a mio avviso ripetitivo e cruciale dell'approccio generale della comunicazione "progressive" sui temi della sicurezza: cercare uno scapegoat politically correct secondo le categorie scolastiche social: dal naziskin al cupo clima leghista del nord.

Proprio perchè il post era fatto in modo non becero lo trovavo atto a "suggestionare": suggeriva, indicava senza sostenere, e quindi era pure peggio, dal punto di vista della mia tesi sulla banalità del politicaly correct (che ricorda la banalità del male di Primo Levi).

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