In un recente discorso Hillary Clinton, nel tentativo di accattivarsi il voto delle minoranze etniche, ha fatto riferimento a una delle leggende metropolitane più diffuse nell'Umanità dalla seconda metà del XX Secolo, tanto acriticamente accettata e pervasiva da fare il paio con le fobìe della Cristianità ai tempi dell'Anno Mille.
Tale leggenda si fonda su un truismo elevato a paradigma in virtù della sua adamantina "correttezza politica", e ben rappresenta come anche oggi al pari di tempi considerati oscuri, gli stessi dati scientifici non scalfiscano le posizioni considerate "corrette" ma a queste vengano piegati.
“The differences in how we look" dice la Clinton "in our skin color, our eye color, our height, stem from just one-tenth of 1 percent of our genes.”
Voleva sostenere che siamo tutti uguali e le differenze tra razze non esistono, dal momento che la genetica mostrerebbe che siamo tutti geneticamente uguali al 99,9%. Anzi, un momento, a meno dello 0,1% non esistono neppure differenziatori INDIVIDUALI ... saremmo tutti uguali!
Chiarito preliminarmente che per noi, banali etero (cfr. figura), diversità non significhi disuguaglianza nei diritti (come evidentemente invece pensa la Clinton e tutti i liberal), viceversa rappresenti un valore da tutelare, uno dei più preziosi, provvediamo a smontare la falsa credenza dell'uguaglianza umana "asseverata" dalla genetica.
- Primo: il 99.9% NON è la percentuale di geni uguali tra gli umani, bensì delle sequenze di nucleotidi coincidenti. Queste sono le costituenti fondamentali dei geni, formati da loro lunghe, talora lunghissime catene. La differenza non è di poco conto, una analogia forse aiuta a comprendere e persino Hillary può capirla: quante cose diverse possono essere costruite usando le stesse viti e bulloni? Ci arriva chiunque abbia giocato a Meccano.
- Secondo: in ogni caso, indipendentemente dal punto uno, "viti e bulloni" non sono "circa" gli stessi; il genetista John Hawks la spiega così: “lo zerovirgolauno percento di 3 miliardi è un numero fottutamente grande: stiamo parlando di una media di 3 milioni di differenze tra i nucleotidi componenti due genomi della medesima specie presi a caso”. Si tratta davvero di un gran bel numero, dal momento che una SINGOLA variazione nel genoma potrebbe determinare notevolissime differenze tra individui.
Ci sarebbero ulteriori elementi da sottolineare, ad esempio il fatto che i metodi (elettrolitici) che producono il risultato della "nostra" uguaglianza nucleotidica al 99,9%, in realtà non catturino differenze di più alto livello tra le sequenze. Crediamo però che il concetto sia chiaro senza doverci spingere in territori più tecnici.
Se ne può concludere che la fola della sostanziale uguaglianza genetica umana sia la solita cagata politically correct, un mero piegare numeri per giustificare credenze egalitariste volte a giustificare l'oppressione dei pochi sui tanti e le conseguenti "redistribuzioni".
E pensare che persino i Clintons possiederebbero la "chiave" per comprendere come tale famosa percentuale non implichi proprio nulla: come infatti molti sanno, l'Uomo condivide con lo scimpanzè il 98,9% delle sequenze di nucleotidi, ma siamo evidentemente tanto diversi da appartenere a famiglie distinte, how come?
Altro fatto della vita: molte razze di cani morfologicamente e caratterialmente molto diverse tra loro, condividono esattamente il medesimo aplotipo (configurazione del genoma).
L'evidente differenza tra la famiglia umana e la nobile razza degli scimpanzè, le differenze tra razze canine anche in termini di adattabilità e comprendonio, sono intuitivamente note al senso comune che le differenze le "vede". La "correttezza politica" però se ne frega del buon senso, lo vorrebbe superare, "rieducandoci" per proiettarci oltre tale retaggio di ignoranza e superstizione.
Peccato non si possa scalzare il fatto che percentuali anche piccole su numeri molto grandi producano risultati significativi, concetto tipicamente poco chiaro ai "classici"; oltretutto siamo in territorio che pullula di non-linearità (altro concetto ostico per i nostri soliti "classiconi"): non tutti i geni sono uguali, alcuni (detti "regolatori") gestiscono processi ad alto livello e hanno implicazioni sul funzionamento di altre parti del Dna (detto "strutturale"), quindi mutando producono più differenze di altri.
Lo stessissimo principio vigente tra uomini e scimpanzè vale, mutatis mutandis, all'interno delle popolazioni umane, visto che i processi selettivi e casuali sono gli stessi.
Finiamola allora di negare l'evidenza in nome della "correttezza".
Ci rendiamo perfettamente conto di muoverci su un terreno minato nel criticare correttissime anche se controintuitive evidenze (le differenze di colore complessione, statura etc. esistono eccome); come se prima dell'Anno Mille avessimo sostenuto che la fine del Mondo era lontana e non serviva pentirsi.
Del resto persino Luca Cavalli Sforza il padre dell'antropologia genetica, colui che ha inaugurato lo studio delle differenziazioni genetiche su base evolutiva delle popolazioni umane (la moderna base scientifica per la distinzione dell'Umanità in ... razze, ooops aplotipi, popolazioni), sosteneva a ogni piè sospinto: "Le razze non esistono" - altrimenti chi mai l'avrebbe incattedrato e finanziato i suoi studi?
Ripetiamo, differenza non significa disuguaglianza nei diritti; tale fact of life andrebbe piuttosto letto come si interpreta il termine "diversity" per le starne artiche piuttosto che per i duemila dialetti Papuasici: è quella cosa da preservare per prima nell'ecosistema umano prima ancora che terrestre.
Il tutto con buona pace di tutte le tipologie di "diversi" che desiderano sottolineare la loro sostanzialmente falsa uguaglianza con la maggioranza, senza però perdere le prerogative "affermative" e le protezioni derivanti dalla loro diversità.
Un'altra credenza moderna che sovente accompagna il truismo di Hillary sopra smontato è che l'evoluzione umana sia ferma, una volta arrivata all'orlo del suo ultimo stadio liberal - Clintoniano, il melting pot finale in cui l'Umanità finalmente Tigerwoods-izzata abbatte le barriere per affacciarsi al Sol dell'Avvenire del siamo-tutti-uguali.
Nulla di tutto questo, per fortuna di tutti Hillary inclusa: le differenze tra specie umane e tra individui non solo esistono, ma pare stiano accelerando da 40.000 anni a questa parte, da quando cioè i nostri antenati Sapiens uscirono dall'Africa (seconda ondata) e iniziarono la colonizzazione del Pianeta: si valuta che all'incirca il 7% del nostro genoma sia cambiato in poche decine di migliaia di anni (siamo delle schegge rispetto agli altri mammiferi), in modi estremamente differenziati secondo le geografie. Ma questo è un altro tema, se interessa magari ne accenneremo un'altra volta.