Prima giornata del Tri-Nations di rugby e il livello s'impenna, i valori si livellano verso l'alto, tutte le certezze accumulate sinora si squagliano al calore della battaglia vera, con qualcosa d'importante in palio.
Sudafrica-Australia sulla carta era partita scontata: la squadra più in forma del momento in casa, i visitatori costretti a tenere in campo usurati mostri sacri a tempi indeterminato per cronica carenza di rimpiazzi all'altezza; ventenni tosti, senza paura e già esperti contro trentenni logori, pur rotti a mille sfide; eppure ...
Sintesi del match: inizio da copione, Boks all'assalto veemente mediante continue verticalizzazioni uno-due; Fort Alamo Aussie regge bene incassando solo una meta. Dal 20' i Wallabies iniziano a farsi valere in mischia chiusa oltre che in rimessa, complice l'uscita del tallonatore Boks Jon Smith. Gli Aussie hanno il pallino tattico e reggono alla forza bruta, del resto i vari Sharp, G.Smith, Vickerman, Elsom non sono certo mammolette. I calci di Larkham a evitare Percy Montgomery, la freddezza di Gregan e i guizzi di Giteau fanno saltare non solo lo schema (uno ne hanno) ma anche i nervi ai padroni di casa, che chiudono il primo tempo con un uomo in meno e in svantaggio 10 a 16.
Il secondo tempo torna sui binari iniziali: arditi Boks all'assalto, primo di tutti un esaltato Schalk Burger; fanteria d'arresto Aussie a far contro il nemico una barriera adottando una rush defense alla sudafricana. Ripetutamente i sudafricani arrivano a pochi metri dalla meta ma non passano, i Wallabies come gli italiani nella I Guerra retrocedono all'estremo ciglio dell'Altipiano ma non cedono.
La svolta arriva con l'ingresso del ventenne Francois Steyn (in foto); tra il 73' e il 77' l'incosciente decide che è l' ora di finirla coi corpo a corpo e piazza due drop in fila, il primo dei quali - xe mato! - da 45 metri e a due passi dalla linea laterale.
Vittoria striminzita 22 a 19 ma meritata per i Boks, con qualche bandiera rossa alzata; un utile bagno di umiltè. Per gli Aussie non so cosa si possa volere di più: venderanno sempre cara la pelle con tutti.
Tanti i temi suscitati da questa epica sfida.
Il primo è la bellezza e suprema difficoltà del gesto tecnico apparentemente banale del drop: difficile come un delicato approccio al green, attuato non solo senza preavviso ma pure con la pressione portata da una decina di energumeni minacciosi che ti corrono contro.
Poi, considerazione, veramente il rugby è una battaglia, a certi livelli non si può mai confidare troppo nei pronostici e valutare le forze sulla carta. Contano anche gli errori, gli infortuni e soprattutto il piano di battaglia, la capacità e l'esperienza di eseguirlo, più quello che gli inglesi chiamano desire (di vincere), a volte un po' esuberante e incosciente come in Steyn. Certo è che i bluff durano poco.
Infine questa razza di partita suscita purtroppo il tema politically correct delle "razze" in partita, che incombe minaccioso a rovinare questa isola di eccellenza in un Continente depresso.
Un esempio tratto dalla partita: il pur bravo coloured Ashwyn Willemse all'ala è stato massacrato per tutta la partita dai calci tattici di Larkham; qualsiasi allenatore l'avrebbe rapidamente sostituito con uno più dotato nel gioco al piede. Come mai Steyn ha potuto prenderne il posto solo in zona Cesarini, portando gli Springboks alla vittoria ? Perchè mai il Sudafrica deve concedere agli avversari vantaggi del genere? Non è un problema di incompetenza di Jake White l'allenatore, gli è che da qualche tempo debbono "convivere" con la politica delle "quote etniche".
Il fatto è che il rugby in Sudafrica è lo sport tradizionale e identitario degli Afrikaner. Il visionario Nelson Mandela (forse anche perchè Griqua come pochi sanno) ai suoi tempi elevò il rugby a simbolo dei risultati che ogni specificità identitaria poteva apportare a quel Paese fatto di minoranze, se trattate paritariamente ma con rispetto; indossò la maglietta verde ai mondiali in casa e si godè la vittoria dei rappresentanti della Tribù Bianca Sudafricana.
Oggi invece la classe dirigente nera socialista post Mandela evidentemente predilige il melting pot forzoso, o ancora peggio intende espandere la base di quello sport immagine col dirigismo statalista. Dal "caldo suggerimento" all'impiego di almeno 4 non bianchi, la politicizzata Federazione pretende ora almeno 5 titolari "net blankes". E non finisce qui: dopo il mondiale di Francia si mormora di almeno dieci coloured in squadra. Alla faccia del "vinca il migliore", della protezione delle minoranze e della meritocrazia; come se da noi si imponesse alla nazionale di sci alpino un tot di atleti dal centro-sud.
Oggi comunque è avvenuto uno "strappo", una provocazione da parte dello staff tecnico dei Boks: in campo sono stati schierati solo tre coloured - Petersen, Willemse e Gurthro Steenkamp. La cosa è arrivata al tavolo del Presidente della Repubblica Mr. Tabo Mbeki; roba da matti o peggio, da statal-socialisti etici.
(tb link a TRN)
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2 commenti:
L'è mat! E l'è un fenomeno!
.. ma non è l'unico: Spies ha 20 anni, Petersen 21 ..
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