Il New York Times riporta:
"A sense of crisis prevails among American farmers who rely on immigrant laborers, more so since immigration legislation in the United States Senate failed in June and the authorities announced a crackdown on employers of illegal immigrants."
Poveri farmers, rischiano grosso ora ad impiegare immigrati clandestini e trattarli come schiavi; ricordano i nostri Confindustri, ancora lì a credere che sia il costo del lavoro - e non la scarsa innovazione, produttività e qualità - a comprimere i loro margini di guadagno.
Tipo il mio vicino di casa (centrosinistra facoltoso): da anni usa coppie di schiavi immigrati a servizio - lui giardiniere portinaio garagista tuttofare, lei babysitter casalinga - 24 ore su 24, per 6 giorni su 7 e 12 mesi all'anno (le ferie le fanno al mare e al monte nelle case sue, ovviamente per servirlo pure lì).
Micidiale la combinazione tra interessi degli Industri e la mentalità liberal sostenuta dal mainstream media, allineata in America e in Europa a favorire la rinascita del proletariato dalle sue ceneri, importandolo dall'estero.
Torniamo ai farmers e alle pratiche schiaviste: se sostituite "immigrant laborers" con "slaves", la frase sopra riportata non perde di senso, semplicemente si ricolloca temporalmente ai tempi della guerra civile.
Questo modo di ragionare è infatti assolutamente il medesimo dei loro bisnonni delle piantagioni del Sud, i quali non volevano nemmeno pensare a rinunciare agli schiavi (=immigrati clandestini di oggi). Non si accorgevano di essere alle soglie della rivoluzione indistriale destinata a meccanizzare progressivamente anche l'agricoltura, nonchè delle conseguenti migrazioni massive dal Sud e dall'Est Europa; il Sud degli States pagherà carissima questa mancanza di visione.
Con questo non vogliamo dire che l'Occidente debba autosegregarsi, che l'immigrazione è "male" e vada fermata tout court; tant'è vero che in questo post nemmeno accenneremo ai notori problemi per la sicurezza indotti dall'immigrazione in Italia.
Ci sono sicuramete settori ed impieghi dove si fa fatica a trovare "nativi" che vogliano cimentarvisi, ci siamo confrontati recentemente al proposito col socio Brett. Solo, non vorremmo che si continui a spacciare come "ragionevoli e di buon senso" posizioni oltre che interessate, altrettanto assurde dell'erigere muraglie alle frontiere.
Ad esempio Daniel Griswold, direttore del Cato's Center for Trade Policy Studies, autore di "America Needs Real Immigration Reform,":
"Any immigration reform (..) must reflect the underlying reality that the American economy continues to create hundreds of thousands of new jobs each year for low-skilled workers.
Those jobs are being created in retail sales, food preparation, cleaning and janitorial services, for retails salespersons, agriculture, construction, and landscaping and grounds-keeping.
Meanwhile, the supply of Americans willing and happy to fill those same jobs continues to shrink. We are getting older and more educated as a nation."
Tutto vero; peccato l'autore non si renda conto che prima di tutto sta rovesciando causa ed effetto - i low skilled workers mancano perchè la popolazione is getting older, cioè si fanno meno figli; cane che si morde al coda, corretto, ma la catena si spezza più efficacemente agendo sui figli piuttosto che richiamando immigrati, "soluzione" che apre problemi più grossi di quanti non ne risolva. Che cosa sono infatti ad esempio le "badanti", se non infermere non qualificate e sottopagate?
Inoltre tace un altro aspetto fondamentale: ciò che rende un lavoro "low skilled" e quindi non adatto ai nativi, non è lo schifo che fa o la sua inaccettabilità sociale, ma la convenienza economica che il lavoratore ha nell'eseguirlo. Se un imprenditore ha la scelta tra un immigrato a metà costo di un nativo, sceglie il primo; giocoforza che il nativo, impossibilitato a comprimere le sue entrate per sostenere il suo tenore di vita, cerchi di cambiare mestiere.
E non finisce lì: la presenza di immigrati livella inevitabilmente verso il basso i salari, rendendo progressivamente "low skilled" - cioè low paid - un sacco di lavori dove in realtà lo skill è fondamentale (penso ad esempio a certi saldatori per carpentieria industriale: oramai sono tutti slavi e così pochi che le aziende concorrenti se li "prestano" a vicenda).
E non finisce nemmeno lì, si abbassano non solo i salari ma anche la qualità dei servizi delle aree "invase": tanta gente, livelli igienici e culturali più bassi, più malattie e infortuni e criminalità a parità di ospedali e polizia, bimbi a scuola che non parlano bene la lingua e quindi rallentano il progredire degli altri, che quindi si presentano al mondo del lavoro meno skillati etc.etc..
Il tutto insomma spiraleggia rapidamente verso il basso della ghettizzazione senza speranza; sono cose stranote e visibili dove sono "partiti prima", tipo California Londra e Germania.
Non è solo una questione economica; cosa sia un lavoro "accettabile" o no è molto opinabile: le italiane ad esempio fanno ancora "volentieri" le retail salesperson (cassiere), sopra elencato come lavoro da immigrati.
Infine non credo sia una soluzione strategica quella di generare immigrazione di analfabeti invece di automatizzare rapidamente lavori di basso profilo come appunto la cassiera (carrelli collegati alla cassa, già esistono) o le pulizie.
Quando mio padre era giovane esistevano masse di braccianti e dipendenti agricoli; oggi, con le dovute eccezioni, un'azienda di qualche ettaro può essere condotta da un singolo o una famiglia, con macchinari in outsorcing quando serva (raccolta, semina, aratura etc.).
Il messaggio è un richiamo a non cadere nella trappola del banale tipica del mainstream, dando per scontato ciò che non lo è: "le migrazioni sono fenomeni epocali, e per ciò stesso inarrestabili". Ballooni, le migrazioni sono un fenomeno socio-economico, cioè un effetto di qualcosa prima che la causa di qualcosa d'altro. Trattare questo come una invariante di cui prendere atto è cercare cure peggiori del male, modelli assurdi di convivenza.
Il pezzo del NYT conclude:
"An increasing number of farmers have been testing the alternative of raising crops across the border where there is a stable labor supply, growers and lawmakers in the United States and Mexico said."
Ecco, se Maometto non va alla montagna .. ragionamento forse paradossale per parti del settore agricolo, ne convengo; ma nel settore industriale qualcuno mi deve ancora spiegare a chi convenga, oltre che agli industriali, mantenere QUI fonderie e altro secondario arretrato importando lavoratori, invece di trasferirlo ai Paesi in via di sviluppo , ottenendo due piccioni con una fava: quelli si sviluppano e smettono di inviarci immigrati, e i nostri soloni industriosi sono costretti a focalizzarsi sulla ricerca e l'innovazione, se sono capaci.
Putroppo è un po' un controsenso parlare di innovazione in un Paese che non innova dal punto di vista demografico.